Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 16 settembre 2024
 
 

Sgarbi: «Le donne, un'opera d'arte»

26/11/2011  Il critico racconta il suo ultimo libro, "Piene di grazia", ravvisando sorprendenti affinità fra alcuni capolavori e l'attualità e smentendo il luogo comune della Chiesa maschilista.

Avere la meglio sul mistero della donna è impresa quasi impossibile. Si può cercare di illuminarlo, suscitando curiosità e provando, al contempo, a risolverla. È quello che fa Vittorio Sgarbi nel suo ultimo libro Piene di grazia. I volti della donna nell'arte (Bompiani) con uno stile molto originale che ammicca alle suggestioni letterarie e poetiche, agli aneddoti anche privati e, ovviamente, al gusto personale. Dalla celeberrima Gioconda, «opera di assoluta semplicità ma di cui si crede o si pensa di dover rivelare il mistero», all'Annunciata di Antonello da Messina; dalla grazia eterea, quasi impalpabile, dei Preraffaelliti fino all'essenza demoniaca e desacralizzata dei volti di Gustav Klimt e delle donne-bambine di Balthus. «Un libro di storia dell'arte potrebbe essere quasi esclusivamente un libro sulla donna», dice Sgarbi, «tanta è la quantità di opere che essa ha ispirato dall'antichità a oggi».

Forse perché a dipingere sono stati prevalentemente gli uomini.

«Non è vero. Ci sono anche grandi artiste, da Artemisia Gentileschi a Rosalba Carriera. Ma c’è dell’altro».

Cosa?
«Non riesco a immaginare un mondo di pittrici che attribuiscano i più diversi e opposti significati all'immagine insipida dell'uomo. La donna è simbolo di vizio e virtù, seduzione e dedizione, piacere e crudeltà. Quindi, una fonte inesauribile di ispirazione che ne fa il soggetto-oggetto più frequente non solo nell'arte, ma anche nella musica, nella poesia, nella religione».

Soprattutto in quella cristiana.

«Anche se la Chiesa spesso è tacciata di essere maschilista, la figura della Madonna, che è il vertice della creazione, per la straordinarietà che incarna smentisce in maniera eclatante questo cliché». 

Per quale motivo ha ispirato gli artisti di ogni tempo al punto da indurne alcuni come Giovanni Bellini a dipingere solo Madonne in tutta la loro carriera?
«Per due motivi: pur essendo vergine, è anche madre del Figlio di Dio. E poi, un elemento spesso taciuto, Maria è il primo essere umano come noi che viene assunto in cielo, nell’infinito, con il suo stesso corpo, finito».

La sua preferita?

«L'Annunciata di Antonello da Messina. L'angelo non c'è, o meglio, noi non lo vediamo perché la Vergine, in realtà, ce l'ha dentro di sé. Il suo sguardo è rivolto verso di noi ma è come se con il gesto a mezz'aria della mano volesse intimare di fermarci per permetterle di scrutare nel suo animo e ascoltare la voce angelica che è parola, non apparizione. A differenza dell'Annunciazione di Lorenzo Lotto, qui Maria non trema per la paura ma esprime consapevolezza e determinazione».

Chi esprime meglio l’idea di eternità?
«Ilaria del Carretto. Jacopo della Quercia nel consolare Paolo Guinigi per la perdita della giovane moglie sembra che voglia eternare la sua immagine nel marmo. La scultura funebre, in realtà, è una sfida al tempo, la volontà di non cedergli. Il viso di Ilaria è elegante, non lugubre. Incredibilmente vivo». E la seduzione? «La Gioconda perché ti guarda dritto negli occhi e ti sfida con aria spavalda e ambigua. Come una Nicole Minetti». E quella di esclusività? «La Dama con l’ermellino perché ha uno sguardo di lato che dà l’idea di essere devota ad un solo uomo. Come Elisabetta Tulliani con Gianfranco Fini o la Gregoraci con Flavio Briatore. Non a caso, Leonardo dipinge Cecilia Gallerani, l’amante di Ludovico Sforza il Moro, duca di Milano, uomo ricco e potente. La dedizione spesso nasce dall’interesse che, di per sé, non è un dato negativo». Sembra una storia dei nostri giorni. «Ludovico il Moro era un po’ come Berlusconi oggi, con la differenza che quest’ultimo si è fatto travolgere dalle donne. È uscito di scena per una crisi sessuale, non politica». Gliel'ha mandato il libro? «Sì. Gli ho scritto: “Ne conosci tante, ma non queste”».

I vostri commenti
5

Stai visualizzando  dei 5 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo