Un'opinione pubblica meno drogata dai luoghi comuni rifletterebbe su quanto sta succedendo in queste ore in Siria, dove in poche ore di "tregua" (quella concordata tra le parti per rispetto alla Festa del Sacrificio cara ai musulmani) si è già arrivati a un centinaio di morti. Di fatto, nessuno ha rispettato la tregua. I ribelli hanno attaccato postazioni dell'esercito, l'esercito ha bombardato i ribelli e l'ennesimo attentato ha scosso Damasco, uccidendo un numero ancora imprecisato di persone.
E' più che tempo che la gente si svegli e si renda conto che sulla pelle della popolazione siriana si sta giocando una partita politica cinica ai limiti della spietatezza. L'unica cosa certa, al momento, è che Bashar al Assad non può in alcun caso pensare di restare al potere. Anzi, deve prepararsi a quel processo per crimini di guerra e contro l'umanità che inevitabilmente lo attende. Le richieste della protesta siriana, un anno e mezzo fa, erano molto moderate: elezioni più libere (nemmeno libere in assoluto), punizione dei corrotti, più libertà di stampa. Le stesse che le monarchie di Giordania e Marocco hanno affrontato e risolto con poche, e anche limitate, riforme. Assad ha risposto sparando.
Ma per il resto... E' stata ed è pratica comune dire che le "potenze" non si occupano della crisi in Siria. Ma figuriamoci. Le potenze (e piacerebbe sapere se nel conto è messa la Turchia) hanno messo piede in Siria da molto tempo. Gli insorti, come sostengono le stesse fonti del dissenso siriano con base a Londra, sono finora riusciti a
uccidere quasi 10 mila soldati (e le statistiche delle guerre parlano di 4
feriti per ogni caduto), e da molti mesi mettono puntualmente a segno attentati micidiali contro obiettivi civili
e militari nel cuore di città come Aleppo e la capitale Damasco. Chi può credere che ci riuscirebbero se qualcuno
non li aiutasse con armi, quattrini e intelligence?
Il punto è che nessuna delle "potenze" si è mossa per accorciare la crisi e quindi correre in soccorso della popolazione che
soffre. E questo perché nessuno, in un anno in cui Usa, Russia e Cina affrontano o hanno affrontato decisivi cambi di regime e di Governo e tutti affrontano la crisi mondiale, vuole caricarsi anche di una pericolosa crisi internazionale.
Altro luogo comune: l'attentato in cui è
stato ucciso, a Beirut, Wissan al Hassan, il capo delle Forze di sicurezza
interna del Libano. Tutti subito a dire: è opera degli sgherri di Assad. Può essere, i siriani di
porcherie ne hanno fatte tantissime da quelle parti. Ma il regime di Damasco in
Medio Oriente ha due soli amici: l’Iran e proprio il Libano, dove forte è il
movimento di Hezbollah. Se foste Assad, rischiereste di mettere in crisi uno
dei vostri pochi alleati, Hezbollah appunto, e di precipitare nel caos uno dei
rari Paesi che non ti sono ostili?
Il primo modo per aiutare la gente di Siria è affrontare con un minimo di lucidità la guerra che la travolge. Credere che in queste situazioni sia così chiaro il confine tra "buoni" e "cattivi" serve a una cosa sola: precipitarci in un nuovo Iraq o in un nuovo Afghanistan. Con tutto quello che ne deriva.