Il primo pensiero è per Israele e la Palestina insieme con l’Ucraina. Papa Francesco, nella benedizione Urbi et Orbi, parla dei conflitti che insanguinano il mondo. Ma, al tempo stesso, ricorda che Cristo è risorto nonostante la sua tomba fosse chiusa da una grossa pietra. «E così anche oggi», dice Francesco, «massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora», Anche noi ci chiediamo chi farà rotolare via queste pietre. Ma poi scopriamo che «la pietra, quella pietra così grande, è stata già fatta rotolare. Lo stupore delle donne è il nostro stupore: la tomba di Gesù è aperta ed è vuota! Da qui comincia tutto. Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia».
Il Pontefice volge «lo sguardo verso la Città Santa di Gerusalemme, testimone del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù e a tutte le comunità cristiane della Terra Santa» e prega perché si apra una via di pace «per le martoriate popolazioni di quelle regioni». Invita al rispetto dei principi del diritto internazionale e chiede uno «scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!»; che si garantiscano gli aiuti umanitari a Gaza «esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia. Non permettiamo che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini. Quanta sofferenza vediamo nei loro occhi. Con il loro sguardo ci chiedono: perché? Perché tanta morte? Perché tanta distruzione? La guerra è sempre un’assurdità e una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori». Il Papa non dimentica poi la Siria, che patisce le conseguenze della guerra da 14 anni, il Libano, «da tempo interessato da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, aggravate ora dalle ostilità alla frontiera con Israele», la Regione dei Balcani Occidentali «dove si stanno compiendo passi significativi verso l’integrazione nel progetto europeo». E incoraggia i colloqui tra l’Armenia e l’Azerbaigian, «perché, con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose e arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo».
Nel suo messaggio al mondo non manca il pensiero per le vittime di tutte le violenze, le guerre, i cambiamenti climatici, l’insicurezza alimentare. «Il Risorto assista il popolo haitiano», dice affacciato dalla loggia delle benedizioni, «affinché cessino quanto prima le violenze che lacerano e insanguinano il Paese ed esso possa progredire nel cammino della democrazia e della fraternità. Dia conforto ai Rohingya, afflitti da una grave crisi umanitaria, e apra la strada della riconciliazione in Myanmar lacerato da anni di conflitti interni, affinché si abbandoni definitivamente ogni logica di violenza».
E, ancora, pensa al continente africano «specialmente alle popolazioni provate in Sudan e nell’intera regione del Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e nella Provincia di Capo Delgado in Mozambico». Prega perché cessi «la prolungata situazione di siccità che interessa vaste aree e provoca carestia e fame». Prega per i migranti e per «coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economica». Per i bambini mai nati e per quelli che muoiono di fame o che «sono privi di cure essenziali o sono vittime di abusi e violenze».
Esorta le istituzioni mondiali e chi ha responsabilità politiche a non risparmiare «sforzi nel combattere il flagello della tratta di esseri umani, lavorando instancabilmente per smantellarne le reti di sfruttamento e portare libertà a coloro che ne sono vittime». E chiede che la luce della risurrezione illumini «le nostre menti e convertire i nostri cuori, rendendoci consapevoli del valore di ogni vita umana, che deve essere accolta, protetta e amata».