Telefonini requisiti in classe durante una prova di maturità di qualche anno fa (foto Ansa).
Telefonini in classe. C’è già chi grida allo scandalo dopo la dichiarazione del sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone sull’intenzione da parte del ministero di cancellare il divieto dell’uso degli smartphone nelle aule di scuola, che risale a una direttiva del 2007. Lo smartphone, spiega, aiuta la didattica. E io sono d’accordo. Il cellulare, con le sue applicazioni, è un mezzo per comunicare e per informarsi. Ritengo corretta la valutazione fatta dagli esperti che si tratti di una vera contraddizione vietare l’uso di uno strumento digitale così importante proprio all’interno della scuola, luogo dell’apprendimento e di una futura e sempre più importante informatizzazione.
L’importante, ancora una volta, è dare ai ragazzi delle regole. Anche ai nostri tempi, senza telefonini, c’era chi chiacchierava e chi copiava il compito in classe, c’erano quelli che mettevano a soqquadro le aule o che fumavano seduti pericolosamente sul davanzale della finestra o chiuso nei bagni (anche gli spinelli, avevamo già anche quelli) e chi faceva il bullo con i più piccoli o sottomessi. E c’era chi non ascoltava mai il professore, perché disegnava, era distratto o passava il tempo a lanciare freccette di carta con la Bic svuotata al compagno di banco.
Niente di nuovo: le chiacchiere ora si chiamano whatsapp o messaggini, lo scherzo si è trasformato in inutili selfie, vignette o filmini da guardare per ridere su Facebook, oppure purtroppo in autentico, pericoloso cyberbullismo, con fotografie e insulti postati sui social ai danni come sempre dei più piccoli, dei più indifesi e sottomessi.
Tutto cambia, niente cambia. I ragazzi sono per fortuna come sempre solo dei ragazzi, per la maggioranza buoni e saggi, volenterosi e desiderosi di essere alla fine, come tutti i loro compagni e amici, promossi.
Le regole (e aggiungo severe, ferree) sull’utilizzo degli smartphone devono servire ad arrivare, come sempre, sereni, alla fine dell’anno di scuola. Magari avendo imparato qualcosa di più, con un utilizzo corretto dei nuovi strumenti digitali (anche tablet e e-book, per esempio) da parte degli insegnanti e dei ragazzi.
Insomma, viva il cellulare in classe, se questo significa anche dare un nuovo senso di responsabilità ai ragazzi. E soprattutto se significa insegnare loro che certi strumenti sono la fortuna della loro generazione, che può comunicare non solo con i compagni di banco ma con ogni angolo del mondo in pochi, brevissimi secondi.