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giovedì 12 settembre 2024
 
Avvocato dei poveri
 
Credere

Suor Pat Murray: "Io, "Lobbista" per conto di Dio"

09/06/2022  Costringere le multinazionali a fare business, rispettando però l’ambiente e i diritti dei lavoratori: è questo il progetto della religiosa che, con la sua visione rivoluzionaria, ha sparigliato il forum economico mondiale di Davos (Di Laura Silvia Battaglia)

Ha una risata sorniona ma contagiosa, quando apre tutte le pieghe del volto a un sorriso. E la risata è ancora più larga da quando ha conquistato direttori esecutivi di multinazionali e presidenti di fondazioni dai portafogli consistenti al World Economic Forum di Davos, convincendoli che si può trarre profitto anche dalle buone azioni. In fondo anche lei, suor Patricia Murray − per tutti ormai a Davos solo “sister Pat” − è una lobbista ma, come ripete JR Kerr, direttore esecutivo della Handshake che la traghetta da un panel all’altro, è «la lobbista di Dio e ormai a Davos nessuno può fare a meno di lei».

Religiosa dell’Istituto Beata Vergine Maria (IBVM, conosciuto anche come “suore di Loreto”), irlandese di nazionalità, questa sessantenne energica e attivissima ha avuto sempre una visione molto ampia di ciò di cui può essere capace un ordine religioso cattolico: segretaria dell’Unione delle Superiore Generali (UISG) con sede a Roma, già alcuni anni fa aveva lanciato un movimento globale per rivedere il modo in cui gli ordini religiosi praticano il loro “carisma di cura” per i bambini orfani o abbandonati. «Ho sempre pensato che dobbiamo essere capaci di guardare avanti, di avere una visione ampia, innovativa e di lungo periodo», dice a Davos, tra una pausa e l’altra della sua maratona tra i potenti del mondo che mette a dura prova, con ore di meeting, colazioni in piedi e attese, la circolazione delle sue gambe.

L'accordo con Unilever

Ma ne è valsa la pena. Questo suo essere visionaria l’ha portata fino a qui, a stringere un primo accordo concreto: quello con Unilever, multinazionale britannica dei marchi dell’igiene e dei prodotti della casa, presente in tutti i continenti e soprattutto nel Sud del mondo, affinché operi in Colombia, in favore della comunità locale, creando occasioni di business e di imprenditoria sociale ma rispettando l’ambiente e i diritti dei lavoratori, punto sempre piuttosto critico. Il progetto si chiama Transform, verrà sviluppato in Colombia congiuntamente da Unilever, dal Foreign, Commonwealth and Development Office (FCDO) del governo britannico, e include l’accesso per le comunità locali a reti commerciali, tecnologia e competenze in materia di cambiamento del comportamento, nel marketing, nelle vendite, nella distribuzione. «Non era una cosa scontata», ammette suor Pat. «Ma ce l’abbiamo fatta: quel che conta è che le multinazionali capiscano che i poveri possono contribuire al mondo con dignità, basta vedere in essi una ricchezza da valorizzare e non da sfruttare».

L'umanità al centro

  

Il tema dell’emarginazione e dell’aiuto è stato sempre centrale nell’operato della segretaria dell’Uisg: quando suor Pat, nel 2019, aveva invitato tutti gli ordini religiosi femminili e maschili ad aderire all’iniziativa globale per porre fine o per ridurre il ricorso all’assistenza all’infanzia istituzionalizzata, ossia agli orfanotrofi a conduzione religiosa, per favorire l’inserimento dei bambini in una famiglia sicura e amorevole o in una comunità, aveva in mente una rivoluzione. «Seguiamo i segni dei tempi e in questi segni basta scorgere la mano di Dio». In quel caso si trattava di trovare una soluzione alle orribili pratiche di abuso dei minori negli istituti a conduzione religiosa, rispondendo all’appello di papa Francesco per soluzioni creative multidisciplinari ai problemi, e di rispondere al mandato biblico di prendersi cura degli ultimi utilizzando il meglio che le scienze sociali possano offrire. Stavolta, la rivoluzione copernicana di suor Pat ha comportato il coraggio di mettere piede nel gotha della finanza mondiale e di saper chiedere. Il principio su cui si muove Pat è semplice, umano, empatico, elementare: «Non ci sono poveri abbastanza poveri da non avere nulla da offrire e non ci sono ricchi abbastanza ricchi da non avere bisogno di nessuno. Bisogna solo farsi ponte tra una varia umanità, tesa tra forme di infelicità diverse». Con questi principi di umana saggezza si può andare dappertutto e suor Pat riesce a muoversi con la stessa leggerezza e naturalezza tra gli slum di Calcutta e di Rio, come nelle periferie di Londra, fino ai pranzi di lavoro con i presidenti delle fondazioni Hilton e Guggenheim. Molto deve, in questo caso, anche ad altre donne: per prime alle sue consorelle suor Mary John Kudiyiruppil e suor Ruth Pilar del Mora. L’una indiana, l’altra colombiana, entrambe hanno spinto su progetti di sviluppo femminile e di lavoro nelle comunità del Sud America e del Corno d’Africa, come su progetti sanitari e di aiuto psicologico nell’India colpita dal Covid e nell’Ucraina distrutta dalla guerra.

Denaro e buona volontà

Anche queste istanze hanno trovato orecchie attente e portafogli dischiusi a Davos, non senza reale intenzione umanitaria e con una certa commozione. Ma suor Pat deve il successo di questo azzardo anche a un’altra donna: la manager Marta Guglielmetti, ceo (amministratore delegato) del Global Solidarity Fund, una organizzazione non governativa che funge tra cerniera tra il mondo delle fondazioni, quello del profit e del business e i rappresentanti delle fedi nel mondo, impegnati nell’aiuto, nella crescita e nello sviluppo delle comunità locali. Il coraggio di suor Pat si è duplicato nell’energia della Guglielmetti e insieme hanno puntato su una leadership femminile che sapesse bussare alle porte dei potenti del mondo. «Sono molto contenta dell’aiuto del Global Solidarity Fund», confessa suor Pat. «Il titolo è ben scelto, è globale, chiama tutti alla solidarietà, a tutti i livelli. E la parola “fondi” suggerisce diverse cose: ci sono i fondi finanziari, che sono quelli delle risorse economiche, e ci sono i fondi di buona volontà. Credo che a Davos abbiamo cercato di scavare in questi fondi di buone intenzioni che riposano in molti settori, particolarmente nel privato, anche se non sembra a una prima occhiata. Credo anche che, se possiamo creare le partnership giuste e sviluppare i network a differenti livelli, possiamo portare a tutti la pienezza della vita di cui parlano i Vangeli». Detto, fatto. La lobbista di Dio ha firmato a Davos un contratto miliardario e non ha nulla da temere perché ha il migliore Ceo possibile sulla piazza globale.

Chi è

  

Età 60 anni pieni di energia

Nazionalità Irlandese

Incarico Segretaria esecutiva Uisg

Motto I poveri sono da valorizzare, non da sfruttare

 
 
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