Mi scrive Giuliana che di recente ha iniziato a guardare la serie su Gesù The Chosen seguendo il consiglio di un amico sacerdote. E mi confida quasi con un senso di colpa: «Io non so se sia criticabile o meno, ma mi commuovo a ogni puntata con proprio le lacrime agli occhi. Io la trovo bellissima e vera, vera nel senso che risponde al cuore. Tu cosa ne pensi?».
Cara Giuliana, ti confesso che anche io amo questa serie sulla vita di Gesù e degli Apostoli, che nasce in ambito evangelico ma con un approccio ecumenico e interreligioso. Ho visto con i miei figli la prima stagione due volte. E, quasi in ogni volta, mi è scesa qualche lacrimuccia (molto di nascosto... ma mi hanno scoperto e hanno fatto due risate sul papà, «vecchio e tenerone»). Certamente, non assumo ogni battuta e ogni interpretazione, ma il punto non è quello di raffigurare i passi del Vangelo parola per parola.
Il Vangelo riassume l’essenziale, ma la vita di Gesù non era solo quel riassunto rapido... era molto di più... e non vedo alcun male nell’immaginare ciò che non contraddice l’essenziale, ma lo mette più in evidenza. Oso dire che il metodo adottato si avvicini un po’ al metodo di preghiera insegnato da Teresa d’Avila, ma anche allo stile meditativo di sant’Ignazio di Loyola, di «applicare i sensi».
Ripeto: non dobbiamo fare (o rifare) i dogmi e i detti e i fatti di Gesù a partire da una serie televisiva – certamente il Vangelo resta il riferimento – ma siamo consapevoli che la nostra vita spirituale si nutre non solo di concetti, ma di sentimenti e di immagini. Anzi, san John Henry Newman diceva che una delle forze di diffusione del primo cristianesimo era proprio l’immagine di Cristo impressa fortemente nel cuore e nell’immaginazione dei fedeli... e nulla vieta che possiamo sperare che quest’opera contribuisca a imprimere di nuovo l’immagine reale di Gesù in tanti cuori...
Confido che laverà gli effetti di tanta omiletica solo moralizzatrice che ha trasformato la freschezza del Vangelo in una morale da quattro soldi. E spero, infine, che ci saranno progetti simili nella Chiesa. Un po’ di solido e luminoso “Holy Wood” al cinema potrà fare da antidoto a certe derive di Hollywood che inquinano le nostre immaginazioni e diventano molto sottilmente nostri pensieri, nostre visioni e nostre normalità.