«Abbiamo voluto, simbolicamente, avvicinarci al popolo ucraino provando a sentire quello che provano loro nel buio, nel freddo, nell'incertezza, nella stanchezza e nell'inquietudine che la notte della guerra porta con sé e che non sembra destinata a finire. Questo cammino notturno ancora una volta ci ha spinto a dire basta alle bombe, a invocare la ricerca del cessate il fuoco e ad assumerci la responsabilità di fare la pace in tutte le cose della nostra vita quotidiana».
È affaticato ma soddisfatto Flavio Lotti, coordinatore della PerugiAssisi, che ha deciso di organizzare nella notte tra giovedì e venerdì una Marcia straordinaria in occasione del primo anniversario del conflitto e «contro tutte le guerre che continuano in Ucraina e in troppe altre parti del mondo». Ad aprire il corteo, uno striscione con scritto “Fermiamo le guerre”. In marcia più di mille persone con le tradizionali bandiere caratterizzate dall'iride, il colore della pace, e la scritta “No war”. Con loro anche tanti giovani. Camminando per tutta la notte i marciatori, scandendo “pace, pace” si sono mossi dal tradizionale punto di ritrovo dei giardini del Frontone a Perugia per raggiungere Assisi poco dopo l'alba di venerdì.
La Marcia si è conclusa nella Basilica di San Francesco dove tutti i partecipanti si sono fermati davanti alla tomba del Poverello per un momento di raccoglimento, preghiera (per i credenti) e riflessione. Papa Francesco nell’udienza di mercoledì scorso ha chiesto se è stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra. «Purtroppo no», risponde Lotti, «non è stato fatto tutto il possibile per evitare che la guerra si scatenasse e non è stato fatto nulla per evitare che la guerra andasse avanti e si espandesse come sta accadendo. La notte del conflitto è molto più lunga delle ore che abbiamo percorso con la Marcia, la notte della guerra è un tunnel in cui siamo finiti come in un imbuto dove la politica è assente e incapace di svolgere qualsiasi ruolo, anche in forma creativa, per tenere aperto uno spazio di dialogo e di negoziato che è fondamentale. Quando scoppiano conflitti o ci si lascia travolgere, come sta succedendo, o si cerca di fermarli».
L’accusa rivolta ai movimenti pacifisti è quella di non tenere nella dovuta considerazione che in questo conflitto c’è un invasore, la Russia, e un paese invaso, l’Ucraina. «Su questo siamo d'accordo», spiega Lotti, «le responsabilità principali sappiamo di chi sono. È paradossale che ancora oggi siamo qui a discutere quello che è evidente a tutti. Quello su cui non siamo d'accordo è che la guerra possa aiutare la vita degli ucraini, fermare l'invasione di Putin e respingere le sue forze armate al di là dei confini del Paese. L'alternativa non è tra sottomissione o guerra, libertà o guerra, ma tra la guerra e la ricerca della pace. È davanti a questo bivio che non si sta scegliendo la cosa giusta da fare e non si sta tentando di percorrere un’altra strada che non siano solo armi, armi, armi».
Il primo anniversario è stato scandito dalla visita del presidente americano Joe Biden a Kiev e dall’annuncio, martedì scorso, di Vladimir Putin di aver sospeso la partecipazione della Russia al trattato New START (Strategic Arms Reduction Treaty), che ha l’obiettivo di monitorare i reciproci armamenti nucleari. È in vigore fra Stati Uniti e Russia dal 2011, è stato rinnovato l’ultima volta nel 2021, scade nel 2026 ed è l’ultimo trattato vigente in materia di controllo delle armi nucleari. La sospensione della partecipazione da parte di Mosca implica la fine dello scambio di informazioni riguardo ai rispettivi arsenali fra le due maggiori potenze nucleari al mondo e per la prima volta dal 1972 mette fine a ogni sorta di ispezioni reciproche.
«Tutti gli esperti», riflette Lotti, «dicono con chiarezza che siamo dentro a una escalation militare e politica che esclude qualsiasi tipo di negoziato e dialogo con Putin. Lo sbocco di questa politica è il suicidio, l'allargamento del conflitto, il coinvolgimento diretto dell'Italia. Stiamo rischiando questo e arriveremo a un punto in cui saremo costretti ad inviare armi Zelensky ma tutto questo scatenerà una reazione incontrollata contro di noi. Noi non ci rassegniamo e non possiamo giustificare questa delega totale ed esclusiva alle armi in un tempo in cui le armi non producono nessun risultato positivo e hanno provocato in dodici mesi centinaia di migliaia di morti tra i soldati e i civili».
Cosa può fare di più il movimento pacifista e, in particolare, i cattolici? «Bisogna interrogarsi, dobbiamo sentire l'insoddisfazione per i risultati raggiunti finora. Il Papa ha detto di non accontentarci di fare cose ordinarie ma tentare quelle straordinarie. La Marcia PerugiAssisi è stato il tentativo di affrontare il problema con una maggiore assunzione di responsabilità. Dobbiamo vincere la sensazione d’impotenza e rassegnazione che sta paralizzando molti, anche nel mondo cattolico. La Marcia di stanotte è stata una testimonianza forte e, spero, responsabilizzante per tutti»