L’Angelus dalla finestra, ma l’udienza ancora nella Biblioteca del palazzo apostolico per evitare folle e assembramenti. Papa Francesco continua il ciclo in corso soffermandosi questa volta sulla preghiera di Abramo. Così come riportata dalla Genesi. Abramo che si fida di Dio, che gli chiede di partire verso una meta sconosciuta, che gli dice che avrà un figlio nella vecchiaia, che gli chiede il sacrificio di quell’unico erede. In Abramo, spiega il Pontefice, «c’è una voce che risuona all’improvviso» e «che lo invita a intraprendere un cammino che sa di assurdo: una voce che lo sprona a sradicarsi dalla sua patria, dalle radici della sua famiglia, per andare verso un futuro nuovo, un futuro diverso. E tutto sulla base di una promessa, di cui bisogna solo fidarsi. E fidarsi di una promessa non è facile, ci vuole coraggio e Abramo si fidò».
E grazie a questa «sua partenza nasce un nuovo modo di concepire la relazione con Dio; è per questo motivo che il patriarca Abramo è presente nelle grandi tradizioni spirituali ebraica, cristiana e islamica come il perfetto uomo di Dio, capace di sottomettersi a Lui, anche quando la sua volontà si rivela ardua, se non addirittura incomprensibile. Abramo è dunque l’uomo della Parola. Quando Dio parla, l’uomo diventa recettore di quella Parola e la sua vita il luogo in cui essa chiede di incarnarsi. Questa è una grande novità nel cammino religioso dell’uomo: la vita del credente comincia a concepirsi come vocazione, cioè chiamata, come luogo dove si realizza una promessa; ed egli si muove nel mondo non tanto sotto il peso di un enigma, ma con la forza di quella promessa, che un giorno si realizzerà».
Abramo vive in una continua preghiera, nella fedeltà a quella Parola. Nella sua vita la fede si fa storia. «Dio non è più visto solo nei fenomeni cosmici, come un Dio lontano, che può incutere terrore. Il Dio di Abramo diventa il “mio Dio”, il Dio della mia storia personale, che guida i miei passi, che non mi abbandona» E chiede a ciascuno di noi se è questa l’esperienza che abbiamo di Dio Se lui è «il mio Dio, il Dio che mi accompagna, il Dio della mia storia personale, il Dio dei miei passi che non mi abbandona, il Dio dei miei giorni? Abbiamo questa esperienza? Pensiamoci un po’».
E cita Blaise Pascal che, nella cucito nella giacca di un suo vestito, trovato dopo la sua morte, aveva questo scritto: «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti. Certezza, certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo». Questo memoriale, dice il Papa, «esprime non una riflessione intellettuale che un uomo sapiente come lui può concepire su Dio, ma il senso vivo, sperimentato, della sua presenza. Pascal annota perfino il momento preciso in cui sentì quella realtà, avendola finalmente incontrata: la sera del 23 novembre 1654. Non è il Dio astratto o il Dio cosmico, no è il Dio di una persona, di una chiamata, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio che è certezza, che è sentimento, che è gioia».
È il Dio in cui ha creduto Abramo e che lo porta a fidarsi anche quando gli annuncia che, a cento anni, sarà padre. Abramo discutere con Lui, ma sempre fedele. «Parla con Dio e discute. Fino alla prova suprema, quando Dio gli chiede di sacrificare proprio il figlio Isacco, il figlio della vecchia, l’unico, l’erede. Qui Abramo vive la fede come un dramma, come un camminare a tentoni nella notte, sotto un cielo questa volta privo di stelle. Tante volte succede anche a noi di camminare nel buio, ma con la fede. Dio stesso fermerà la mano di Abramo già pronta a colpire, perché ha visto la sua disponibilità veramente totale». E così anche noi dobbiamo fidarci, senza aver paura di «discutere con Dio, anche dire una cosa che sembra una eresia. Tante volte ho sentito gente dire: “Ma lei sa mi è successo questo e mi sono arrabbiato con Dio”. Ma tu, rispondo io, “hai avuto il coraggio di arrabbiarti con Dio? Questa è una forma di preghiera perché solo un figlio ha il coraggio di arrabbiarsi con il padre e poi rinconrarlo». Possiamo discutere, ma «sempre disposti ad accogliere la parola di Dio e a metterla in pratica. Con Dio impariamo a parlare come un figlio con il suo papa, ascoltarlo, rispondergli, discutere, ma trasparente come un figlio con il papà così come insegna Abramo a pregare».
Infine, nei saluti agli statunitensi, il Papa non manca di pregare per «la tragica morte del Signor George Floyd». Francesco, che segue «con grande preoccupazione i dolorosi disordini sociali che stanno accadendo nella vostra Nazione in questi giorni» spiega che «non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana. Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che “la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”». Il Pontefice si unisce «alla Chiesa di Saint Paul e Minneapolis, e di tutti gli Stati Uniti, nel pregare per il riposo dell’anima di George Floyd e di tutti gli altri che hanno perso la vita a causa del peccato di razzismo. Preghiamo per il conforto delle famiglie e degli amici affranti, e preghiamo per la riconciliazione nazionale e la pace a cui aneliamo. Nostra Signora di Guadalupe, Madre dell’America, interceda per tutti coloro che lavorano per la pace e la giustizia nella vostra terra e nel mondo».