Ci voleva un libro per ragazzi per ricordare la storia dell’agente Emanuela Loi, uno dei cinque membri della scorta di Paolo Borsellino che saltarono in aria il 19 luglio 1992 in via d’Amelio. Nata a Sestu (Cagliari), non aveva ancora 25 anni e fu la prima donna poliziotto a morire per mano mafiosa. Il libro Io, Emanuela agente della scorta di Paolo Borsellino (Einaudi ragazzi), scritto da Annalisa Strada, versatile e prolifica autrice, ripercorre in prima persona la vicenda della giovane da quando frequentava l’Istituto magistrale e studiava con la sorella Claudia. Con il sogno di diventare maestra, fu tentata dal concorso in polizia. Si preparano insieme le due sorelle, ma solo la più diligente Emanuela passò con il massimo dei voti, e fu ammessa ai sei mesi di addestramento a Trieste. Poco più che ventenne affrontò il primo distacco dalla famiglia, a cui era molto legata. Ma fu ancora più doloroso quando, invece di tornare nella sua Sardegna, dai genitori, i fratelli e il fidanzato, fu destinata a Palermo. Al disappunto per dover restare ancora lontana da casa, si univa la paura per una terra martoriata dagli attentati, e in cui le forze dell’ordine insieme con la magistratura erano le vittime. A Palermo dovette scontrarsi anche con gli sfottò dei ragazzini, che irridevano la divisa addosso a una donna. Mentre cercava di adattarsi al suo incarico di piantone, e socializzava con i colleghi, compilava continuamente domande di trasferimento e approfittava dei week end per imbarcarsi sul ferry boat e tornare a casa. La notizia del tremendo attentato in cui persero la vita Falcone, la moglie e tre uomini di scorta scosse profondamente i poliziotti, che si sentivano ancora più vulnerabili. E la paura insieme al senso del dovere assalì Emanuela quando le comunicarono che sarebbe entrata a far parte delle scorte. A un amico che impensierito le raccomandava di stare attenta disse: «Maddai, finché non mi mettono con Borsellino, non corro nessun rischio. Solo con lui mi possono ammazzare». E invece, il 17 luglio, di rientro da un periodo di ferie in Sardegna, fu assegnata proprio a Paolo Borsellino, che nell’incontrarla disse «E lei dovrebbe difendere me? Dovrei essere io a difendere lei».
Il primo giorno di scorta andò liscio. Il secondo no. Erano le 16,58 quando in via d’Amelio, dove Paolo Borsellino si era recato per andare a salutare l’anziana madre, proprio nel momento in cui il giudice ed Emanuela scesero dall’auto, una Fiat 126 esplose. Sono pagine molto belle quelle in cui Annalisa Strada ricostruisce gli ultimi istanti della vita di Emanuela. «Ho provato una mostruosa nostalgia per chi stavo lasciando, per quello che avrei potuto fare, per tutto ciò che lasciavo in sospeso. Non era giusto che andasse così».