Guai a sottovalutare i dettagli del protocollo. Dicono molto di più di quel che può sembrare. È il 31 luglio 1946, la Repubblica italiana è appena nata. Il capo dello Stato, Enrico De Nicola, incontra papa Pio XII. La “preoccupazione” di De Nicola riguarda un affare di “etichetta” che studierà con grande scrupolo. Ossia, quante onorificenze dovesse appuntarsi al petto al cospetto del Pontefice. Optò per nessuna, in quanto gli erano state concesse da Casa Savoia e appariva disdicevole esibirle da capo dell’Italia repubblicana. De Nicola chiese anche ai dignitari vaticani quante genuflessioni avrebbe dovuto compiere e l’ambasciatore lo rassicurò che sarebbe stato sufficiente un semplice cenno del capo. Questo e molti altri gustosi aneddoti si possono leggere nel bel libro di Alessandro Acciavatti Oltretevere (Piemme), che ricostruisce «il rapporto tra i Pontefici e i Presidenti della Repubblica Italiana dal 1946 a oggi», come recita il sottotitolo del volume.
Il liberale Luigi Einaudi è eletto a ridosso delle elezioni del 18 aprile 1948 che spaccarono in due il Paese. Vince la Dc. Il 15 dicembre di quell’anno Einaudi, appoggiandosi al suo bastone, sale a piedi, a fatica, gli ottanta gradini che conducono alle logge di Raffaello per incontrare Pio XII. Il Pontefice è particolarmente deferente nei confronti di quel capo dello Stato (e successivamente della moglie Ida) che non viene dalle file della Dc. Nel gergo giornalistico lo si chiamerebbe impropriamente “laico”, termine usato non tanto per riferirsi alle convinzioni religiose dei singoli presidenti ma al loro provenire o meno dalla Dc. Sarà Giovanni Gronchi, eletto nel 1955, il primo presidente democristiano. Il suo debutto al Quirinale è segnato da un telegramma indirizzato a Pacelli. Sarà anche il primo dei presidenti a incontrare in Vaticano il Pontefice in forma privata assieme alla sua famiglia. Prima di allora, solo incontri ufficiali e senza congiunti al seguito.
Arriviamo al 1962. Sul soglio di Pietro arriva Giovanni XXIII. Al Quirinale un altro democristiano, Antonio Segni, giurista finissimo. Il loro incontro avviene il 3 luglio di quell’anno. Per la prima volta ci sono le telecamere della Rai a documentare una visita contraddistinta da grande cordialità, tanto da indurre L’Unità a definirla «affabile». Venti giorni dopo un episodio che conferma come stiano mutando i rapporti tra il capo dello Stato italiano e quello della Chiesa cattolica. Segni voleva presentare la sua famiglia al Pontefice e il 23 luglio torna in Vaticano con la moglie Laura, i figli e i nipoti, per i quali il protocollo specifica che possono evitare di indossare il frac limitandosi a pantaloni blu e giacca scura.
Il pontificato di Paolo VI è segnato da un rapporto molto intenso con Giuseppe Saragat, eletto alla fine del 1964. Socialista, è il primo presidente dichiaratamente ateo. Ciononostante, il rapporto con il Papa è ottimo e lo stesso Montini andrà in visita al Quirinale due anni dopo. L’ultimo incontro tra i due coincide con la stagione più buia del Paese: il 13 maggio 1978, a San Giovanni in Laterano, dove vengono resi gli onori funebri ad Aldo Moro, ucciso dalle Br.
Nel 1978 al Quirinale arriva Sandro Pertini. È un anno cruciale per la Chiesa. Nel giro di tre mesi si succedono Paolo VI, Giovanni Paolo I e infine Karol Wojtyla, primo Papa non italiano dopo 455 anni. Quello tra il vulcanico Pertini e il Pontefice polacco è un rapporto segnato da grande amicizia. E anche il protocollo s’adegua. Nel 1981 per quattro volte il presidente va a far visita in ospedale a Wojtyla, ferito dall’attentato di Ali Agca. E l’anno dopo Pertini invita a colazione il Papa nella sua tenuta di Castelporziano. Nel 1990, infine, Giovanni Paolo II va a far visita all’«amico Pertini» poco prima della sua morte.
Nel 1985 al Colle arriva Francesco Cossiga che va a far visita al Papa prima dell’insediamento ufficiale, suscitando qualche polemica. Stefano Rodotà, parlamentare del Pci, lo accusa di aver portato un «attacco alla laicità dello Stato». Cossiga minimizza.
Il primo incontro tra Giovanni Paolo II e Oscar Luigi Scalfaro avviene nel novembre 1992, in piena bufera Tangentopoli, e il presidente nel suo discorso non manca di sottolineare il fenomeno di «molti cattolici attratti dal potere e dal denaro». Sarà forse Carlo Azeglio Ciampi quello ad avere il rapporto più intimo e forte con Wojtyla. Nel libro il resoconto è più intenso, anche perché Acciavatti ha avuto modo di consultare le agende del presidente, dalle quali emergono alcuni particolari sull’incontro mancato nel 2005.
Nel 2006 diventa primo cittadino d’Italia Giorgio Napolitano, un ex comunista. Le relazioni con Benedetto XVI sono ottime e segnate dalla comune passione per la musica classica, con i concerti che annualmente il presidente offriva al Papa, e l’ultimo regalo fatto da Napolitano a Ratzinger, non un dono acquistato dal cerimoniale ma un libro tratto dalla sua biblioteca personale, una copia della prima edizione illustrata de I promessi sposi del 1840.
Siamo all’oggi. Il “Papa del popolo”, come Acciavatti definisce Francesco, e Sergio Mattarella s’incontrano in Vaticano per la prima volta il 18 aprile 2015. Il presidente, come già il suo predecessore, non indossa il frac né le decorazioni di rito. Il protocollo è cambiato.