Le scrivo come donna, come suora e come educatrice. Insegnando in una scuola superiore e collaborando con l’oratorio della nostra parrocchia, devo intervenire molte volte per richiamare ragazzi che si comportano male con le ragazze. Non parlo delle consuete schermaglie tra i due sessi, comuni in adolescenza, ma di veri e propri gesti violenti. Lo riscontro soprattutto nelle loro relazioni amorose. Ad esempio, ragazzi che apostrofano in modo pesante le loro compagne, non esitando a usare epiteti insultanti per dire che sono delle “poco di buono”. Ragazzi possessivi nei confronti delle loro ragazze, che trasformano l’amore in una sequela di ricatti affettivi e di azioni di controllo geloso. Ragazzi che sono legati a vecchi stereotipi, o forse manifestano ciò che vedono a casa, e si aspettano ragazze ai loro ordini, obbedienti a tutto ciò che il maschio desidera. E mi fa rabbia vedere che ci sono ragazzine che si umiliano anziché reagire. Per fortuna, ci sono anche tanti ragazzi e ragazze che costruiscono i loro primi amori in modo reciprocamente rispettoso... SUOR NUNZIA
— Cara suor Nunzia, ho ripescato questa lettera di qualche settimana fa perché ci avviciniamo al 25 novembre, data della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Non dobbiamo pensare che la violenza di genere si esprima solo nelle sue forme più eclatanti, e purtroppo ancora assai diffuse, dal femminicidio alle violenze sessuali e fisiche.
Nell’esperienza quotidiana può capitare di imbattersi nelle situazioni delicate e dolenti di ragazze che hanno subito gesti sessuali contro la loro volontà o che sono state picchiate dai loro giovani compagni, che usano la loro prestanza fisica per riaffermare il proprio controllo sulla partner. Più spesso però si possono incontrare quei comportamenti meno vistosi esposti nella lettera (senza dimenticare ciò che avviene online). Su questi va posta l’attenzione degli educatori. Perché la battaglia contro la violenza di genere è primariamente culturale ed educativa. E coinvolge tanto i ragazzi che le ragazze. Non si tratta di insegnare ai maschi il rispetto per le loro compagne, con un atteggiamento che può diventare accusatorio e mette i ragazzi sulla difensiva. Ma di cominciare a mettere in discussione radicati stereotipi, che danneggiano entrambi i sessi perché li imprigionano in comportamenti prestabiliti. Ad esempio, la sicurezza maschile nel “saperci fare” con le ragazze o il dovere di controllare la propria ragazza per un malsano senso di proprietà, che talvolta permane anche dopo la fine di una relazione.
O il valore di una ragazza basato sulla sua capacità di attrarre i maschi. Comportamenti che fanno male alle ragazze e danneggiano la capacità di amare dei ragazzi. Scuola e oratorio sono ambiti privilegiati per questi interventi, senza dimenticare però che la famiglia è il luogo principale dove imparare il rispetto: nella relazione tra marito e moglie, fatta di stima reciproca e di condivisione (anche dei ruoli in casa e delle faccende domestiche!) e nel rapporto tra genitori e figli.