Una cittadella della carità dove l’accoglienza, come da stile francescano, è per tutti. All’Opera San Francesco per i poveri (Osf) di Milano basta avere un documento - non importa se scaduto - per ricevere un piatto caldo, fare la doccia e, soprattutto, sentirsi una persona senza aver addosso l’etichetta di povero, immigrato o senza tetto.
In via Kramer 3 la tessera personale diventa come le “chiavi di casa”: i volontari del servizio accoglienza prendono nota di chi vuole entrare senza fare domande a cui molti preferirebbero non rispondere. Per quelle ci sarà tempo a un mese dal primo accesso, durante un colloquio con l’assistente sociale in cui si inizia a studiare un progetto individuale di sostegno.
Nella grande casa dei cappuccini, dove nel 1959 fra Cecilio Cortinovis costruì la mensa proprio dove c’era l’orto che sfamava i religiosi, le giornate cominciano alle 7 del mattino. A quell’ora in mensa si definisce il menù del giorno e inizia la preparazione dei pasti. Ad armeggiare fra fornelli e tavoli sono, ogni giorno, circa 25 persone fra volontari, operatori e cuochi. «A sera avremo dato da mangiare a 2.600 persone», spiega fra Giansandro Cornolti, coordinatore dei volontari. «In questo periodo di Ramadan insacchettiamo anche i pasti che i musulmani potranno consumare dopo il tramonto».
Sempre alle 7 iniziano anche le attività di igiene personale e guardaroba. Dalle 9 alle 14 chi vuole può venire a lavarsi: una volta a settimana, 15 minuti sotto l’acqua calda per recuperare la dignità del corpo pulito (5.578 le persone che ne hanno usufruito nel 2016). Accanto alle docce, il guardaroba offre abiti puliti e stirati fra cui, una volta al mese, uomini e donne possono scegliere, cercando abiti con cui sentirsi a proprio agio (12.277 i cambi d’abito nel 2016). «Le scarpe sono gli articoli più richiesti», dice un volontario. «Chiunque ne avesse in buono stato, può portarle al centro raccolta Osf di via Vallazze».
Dalle 10.30 alle 15 e poi dalle 17.30 alle 19.30, c’è tempo per i colloqui personali. «Oltre a garantire cibo, vestiti e cure mediche Osf pensa a un percorso di inserimento sociale per ciascuno», ribadisce Alessandro Ubbiali, responsabile Area sociale. C’è chi ha bisogno di ritrovare un proprio equilibrio e usufruisce delle consulenze psicologiche, e chi invece punta all’autonomia attraverso l’inserimento abitativo temporaneo gratuito dell’housing sociale. Allo sportello Orientamento e mediazione al lavoro, invece, gli operatori ascoltano le necessità e mettono in contatto i lavoratori con le imprese e le famiglie in cerca di un aiuto domestico o per le cure parentali. «Poi ci sono undici avvocati volontari che fanno turni per offrire consulenze su permessi di soggiorno come anche questioni lavorative, dal pagamento dei contributi ai licenziamenti, e legate alle abitazioni, ad esempio gli sfratti per morosità incolpevole», dice ancora Ubbiali.
Nel 2016 le persone accolte da Osf sono state più di 25 mila, grazie al contributo di 113.797 donatori, 814 volontari e 43 collaboratori.
Tutti, dipendenti e volontari, fanno in modo che con Osf nessuno si senta ai margini: si lavora fino a sera, pronti a cogliere i bisogni, calmando chi per la disperazione perde la testa, e ricaricandosi guardando il viso rasserenato di ha appena mangiato. Infine alle 21 cala il silenzio. I locali mensa sono puliti e in ordine per il giorno dopo, si può andare a dormire.
Immagine in testata: un uomo e una donna si registrano al servizio accoglienza dell’Opera San Francesco (Osf) di via Kramer a Milano. Foto di Isabella Balena