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Secondo le stime, il valore monetario del lavoro di cura non retribuito ammonta a 473,5 miliardi di euro l’anno, pari al 26% del PIL italiano. Eppure, la scarsa valorizzazione sociale ed economica di queste attività continua a penalizzare milioni di persone, in gran parte donne, che quotidianamente sorreggono famiglie, comunità e welfare.
I principali risultati dell’indagine
Effetto trappola: per tre quarti delle donne intervistate, il lavoro di cura non è una scelta ma una necessità che si prolunga per anni, con una media di oltre 13 anni dedicati a tempo pieno.
Effetto sandwich: molte caregiver, soprattutto tra i 40 e i 60 anni, si trovano schiacciate tra la cura dei figli e quella dei genitori anziani.
Burn-out e rischi per la salute: il 90% dei caregiver di adulti e anziani non autosufficienti sono donne, spesso esposte a turni superiori alle 55 ore settimanali e ad alto rischio di isolamento, stress e infortuni domestici.
Partecipazione al lavoro retribuito: quasi la metà delle madri lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. In Italia oltre 3,2 milioni di persone inattive hanno dichiarato di essere fuori dal mercato del lavoro a causa delle responsabilità di cura; il 95% sono donne.
Povertà in età anziana: la scarsa adesione a fondi pensione pubblici e privati espone molte lavoratrici domestiche e caregiver a un alto rischio di esclusione sociale futura.
Le raccomandazioni
Lo studio individua dieci linee di azione prioritarie:
1. Riconoscere e valorizzare il lavoro di cura non retribuito come contributo essenziale alla società e all’economia;
2. Favorire una maggiore partecipazione delle donne al lavoro retribuito per contrastare il declino demografico e sostenere il welfare;
3. Sviluppare una strategia nazionale sulla cura, in linea con gli standard internazionali ed europei;
4. Rafforzare i sistemi di previdenza sociale e prevenzione degli infortuni;
5. Promuovere campagne di sensibilizzazione per abbattere stereotipi e riconoscere dignità e pari opportunità a chi svolge lavoro di cura.



