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Per capire e riassumere il senso del "problema" dei figli che non raccontano mai nulla basta questo ironico commento di un genitore: «mia figlia si è diplomata al liceo classico con 97 senza aver mai fatto nulla a scuola». Perché tutte le mamme e i papà sanno bene che alla domanda "cosa ha fatto oggi a scuola?" la risposta dei bambini e dei ragazzi è spesso «niente!».
Certo, parlare e rispondere alle nostre incalzanti domande, soprattutto al rientro di una giornata che può essere stata anche impegnativa, non è il massimo. Lo stesso forse risponderemmo noi se ci fosse posta, appena rientrati a casa, la stessa domanda: «Cosa hai fatto oggi al lavoro?». Capiamo quindi che non si può raccontare a comando ma che bisogna piuttosto trovare il momento e il modo giusto per entrare in contatto.
E poiché crediamo che sia un bene raccontare e comunicare in famiglia ci piace riportare il suggerimento di una mamma americana Sara Ackerman, scrittrice e insegnante che sul Washington Post, a riprova di quanto questa esigenza sia sentita, ha conquistato i lettori e ha ricevuto numerosissimi consensi, cercando di spiegare il trucco per farsi raccontare dai figli com’è andata la loro giornata.
Ed è un trucco molto semplice perché si basa su uno dei fondamenti della buona educazione: l'esempio.
Sara Ackerman, insegnante, scrittrice e madre di una bimba di 6 anni, spiega che era stanca dei continui "niente", "non so" o "non ricordo". Ha cercato varie strade. Quando su suggerimento degli esperti ha provato a fare domande più circoscritte (Cosa hai mangiato per pranzo?; Chi oggi ti ha fatto sorridere?; Chi è tra i tuoi compagni quello più diverso da te?; A cosa hai giocato durante l'intervallo?... ) è diventato palpabile il fastidio della figlia che, giustamente, rispondeva con stizza: "smettila di farmi tutte queste domande".
Ha quindi deciso di cambiare strategia: «Ho provato un nuovo approccio a tavola. "Vuoi sentire la mia giornata?" Ho chiesto a mia figlia. E da quel giorno non ha mai detto no».
E così ha cominciato a raccontare della stampante inceppata, delle chiavi perdute, dei giochi in giardino e dei bambini della sua classe che si sono fatti male e sono finiti in infermeria... In cambio da sua figlia ha saputo quale audiolibro ha ascoltato, chi si è seduto accanto a lei nell'intervallo, la canzoncina che ha imparato e il perché ha ricevuto una punizione.
«Penso che mia figlia sia interessata a scoprire cosa faccio quando non sono con lei» spiega ancora
Sara Ackerman, «non importa se voi siate un programmatore di software, un cassiere, una blogger, un medico, un autista di autobus o una casalinga, poiché si tratta di condividere ciò che ci fa ridere e ciò che ci annoia, gli errori che facciamo, le difficoltà o le persone interessanti che incontriamo».
Ed è in tal modo, cioè dando per primi l'esempio, che nella bambina nasce la voglia di condividere la propria giornata con la mamma. Non a caso conclude: «Questa sera a tavola, mente mia figlia armeggiava maldestramente con coltello e forchetta e io ho cominciato a parlare dei piani di domani, mi ha subito interrotto: "Mamma? Non hai intenzione di raccontarmi la tua giornata?"».
Certo, parlare e rispondere alle nostre incalzanti domande, soprattutto al rientro di una giornata che può essere stata anche impegnativa, non è il massimo. Lo stesso forse risponderemmo noi se ci fosse posta, appena rientrati a casa, la stessa domanda: «Cosa hai fatto oggi al lavoro?». Capiamo quindi che non si può raccontare a comando ma che bisogna piuttosto trovare il momento e il modo giusto per entrare in contatto.
E poiché crediamo che sia un bene raccontare e comunicare in famiglia ci piace riportare il suggerimento di una mamma americana Sara Ackerman, scrittrice e insegnante che sul Washington Post, a riprova di quanto questa esigenza sia sentita, ha conquistato i lettori e ha ricevuto numerosissimi consensi, cercando di spiegare il trucco per farsi raccontare dai figli com’è andata la loro giornata.
Ed è un trucco molto semplice perché si basa su uno dei fondamenti della buona educazione: l'esempio.
Sara Ackerman, insegnante, scrittrice e madre di una bimba di 6 anni, spiega che era stanca dei continui "niente", "non so" o "non ricordo". Ha cercato varie strade. Quando su suggerimento degli esperti ha provato a fare domande più circoscritte (Cosa hai mangiato per pranzo?; Chi oggi ti ha fatto sorridere?; Chi è tra i tuoi compagni quello più diverso da te?; A cosa hai giocato durante l'intervallo?... ) è diventato palpabile il fastidio della figlia che, giustamente, rispondeva con stizza: "smettila di farmi tutte queste domande".
Ha quindi deciso di cambiare strategia: «Ho provato un nuovo approccio a tavola. "Vuoi sentire la mia giornata?" Ho chiesto a mia figlia. E da quel giorno non ha mai detto no».
E così ha cominciato a raccontare della stampante inceppata, delle chiavi perdute, dei giochi in giardino e dei bambini della sua classe che si sono fatti male e sono finiti in infermeria... In cambio da sua figlia ha saputo quale audiolibro ha ascoltato, chi si è seduto accanto a lei nell'intervallo, la canzoncina che ha imparato e il perché ha ricevuto una punizione.
«Penso che mia figlia sia interessata a scoprire cosa faccio quando non sono con lei» spiega ancora
Sara Ackerman, «non importa se voi siate un programmatore di software, un cassiere, una blogger, un medico, un autista di autobus o una casalinga, poiché si tratta di condividere ciò che ci fa ridere e ciò che ci annoia, gli errori che facciamo, le difficoltà o le persone interessanti che incontriamo».
Ed è in tal modo, cioè dando per primi l'esempio, che nella bambina nasce la voglia di condividere la propria giornata con la mamma. Non a caso conclude: «Questa sera a tavola, mente mia figlia armeggiava maldestramente con coltello e forchetta e io ho cominciato a parlare dei piani di domani, mi ha subito interrotto: "Mamma? Non hai intenzione di raccontarmi la tua giornata?"».



