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Come lei nessuna mai. Nessuno nel nuoto ha resistito ai vertici di una distanza come ha fatto Federica Pellegrini sui 200 stile libero, senza interruzioni, ancora sul podio a Kazan, due volte: con un preziosissimo argento, a 11 anni di distanza dal podio olimpico di Atene 2004 e con una staffetta, la 4x200 che ha trascinato all'argento all'ultima frazione, facendola risalire dal 5° posto. In mezzo ori e record del mondo a profusione, ce n'è abbastanza per scomodare i confronti con la storia e per chiedersi se sia lei la più grande atleta italiana di sempre.
Ha dalla sua la continuità in una disciplina con grandissima concorrenza come il nuoto dove le avversarie arrivano e vanno in pochi anni, sostituite da altre più giovani e forti. Fede le ha lasciate passare, ha lasciato loro qualche medaglia d'oro, ma ha resistito sul podio mentre le altre passavano vedendosele cambiare sotto il naso. Vale più o meno dell'atletica pioniera di Sara Simeoni, della costanza, accidentatissima di Deborah Compagnoni, della longevità di Josefa Idem, della pioggia d'oro di Valentina Vezzali, della resistenza di Tania Cagnotto sola contro la Cina intera?
Impossibile dirlo: storie, discipline e momenti diversi non consentono scontri diretti con parametri oggettivi. E' come chiedersi meglio Mozart o De André? Meglio Monet o Caravaggio? Meglio Dante o Leopardi? La risposta non può che essere soggettiva, perché i valori in campo sono per tutte assoluti. In questo gioco, che non è una gara con regolamenti e cronometri, si può essere solo giudici di parte e quella parte non può che essere dentro di noi: soggettiva, probabilmente connessa con ragioni strettamente personali con emozioni individualissime, confinate al tempo dello sbocciare della passione per lo sport, ognuno la propria, spesso legata a ragioni anagrafiche: tendenzialmente si resta più affezionati ai personaggi che ci riportano al tempo in cui guardavamo lo sport con il trasporto puro e ingenuo dell'adolescenza.
Ha dalla sua la continuità in una disciplina con grandissima concorrenza come il nuoto dove le avversarie arrivano e vanno in pochi anni, sostituite da altre più giovani e forti. Fede le ha lasciate passare, ha lasciato loro qualche medaglia d'oro, ma ha resistito sul podio mentre le altre passavano vedendosele cambiare sotto il naso. Vale più o meno dell'atletica pioniera di Sara Simeoni, della costanza, accidentatissima di Deborah Compagnoni, della longevità di Josefa Idem, della pioggia d'oro di Valentina Vezzali, della resistenza di Tania Cagnotto sola contro la Cina intera?
Impossibile dirlo: storie, discipline e momenti diversi non consentono scontri diretti con parametri oggettivi. E' come chiedersi meglio Mozart o De André? Meglio Monet o Caravaggio? Meglio Dante o Leopardi? La risposta non può che essere soggettiva, perché i valori in campo sono per tutte assoluti. In questo gioco, che non è una gara con regolamenti e cronometri, si può essere solo giudici di parte e quella parte non può che essere dentro di noi: soggettiva, probabilmente connessa con ragioni strettamente personali con emozioni individualissime, confinate al tempo dello sbocciare della passione per lo sport, ognuno la propria, spesso legata a ragioni anagrafiche: tendenzialmente si resta più affezionati ai personaggi che ci riportano al tempo in cui guardavamo lo sport con il trasporto puro e ingenuo dell'adolescenza.




