Non si sa come andrà a finire a Hong Kong. Le notizie delle ultime ore lasciano uno spiraglio: il capo esecutivo, l’impopolare  C.Y. Leung ha incaricato la numero due,  Carrie Lam, a dialogare con gli studenti. C’è chi ricorda l’inquietante precedente di 25 anni fa, quando nel giugno del 1989, a piazza Tiananmen (Pechino), prima dell’intervento dell’esercito che ha soppresso nel sangue il movimento degli studenti, l’allora primo ministro Li Peng si era incontrato con gli studenti “per dialogare”. Nemmeno gli organizzatori che hanno messo in cantiere questa iniziativa (Occupy Center: occupare il Centro di Hong Kong) aveva immaginato una partecipazione così vasta.

Tante persone che conosco, e che mai hanno partecipato in iniziative politiche, sono scese in strada. L’hanno fatto dopo aver visto l’intervento spropositato della polizia domenica 29 settembre. Ma sorprende soprattutto la massiccia e (finora) disciplinata partecipazione degli studenti. Chi c’è dietro di loro? Credo nessuno, se non la loro capacità di organizzarsi grazie alla tecnologia che sfugge del tutto agli adulti.    Per comprendere questo occorre ricordare il ruolo degli studenti nella storia recente della Cina.

Da 25 anni, ogni 4 giugno, si radunano a Victoria Park più di centomila persone per commemorare la strage di piazza Tiananmen. La partecipazione sembrava scemare di anno in anno, fino a che, da un paio d’anni, c’è stata una nuova impennata di afflusso massiccio, in gran parte di giovani studenti che non erano ancora nati nel 1989. Queste veglie sono state un laboratorio di coscienza politica e nazionale. Hong Kong ha un ruolo storico e anticipatore. E gli studenti rappresentano, ancora una volta, ‘l’avanguardia’ della coscienza nazionale per il cambiamento. Fu così per il movimento studentesco del 4 maggio 1919; per la rivoluzione culturale (1966-1976) e il già ricordato movimento studentesco di Piazza Tiananmen.   

Alla base delle dimostrazioni ci sono le promesse di democrazia fatte al momento del ritorno di Hong Kong alla sovranità cinese nel 1997. Hong Kong doveva conservare autonomia e adottare la partecipazione democratica perché il  modello “un paese - due sistemi” avrebbe dovuto persuadere Taiwan a seguire la stessa strada. La riunificazione di tutta la Cina infatti è un obiettivo al quale anche l’attuale leader, Xi Jinping, ambisce, per lasciare un segno glorioso nella storia della Cina. Ma i leader cinesi si sono lasciati vincere dalla paura che le rivendicazioni di Hong Kong si estendessero alla Cina, dimostrando incapacità ad accogliere qualsiasi cambiamento per quanto richiesto dalla gente. La società di Hong Kong è centrata sugli affari, ma gli studenti hanno mostrato che c’è un’anima, un cuore. La città mostra di essere preparata e meritare dei cambiamenti.

Pechino ascolta solo la ristretta oligarchia economica, che utilizza Hong Kong per il loro fantastico arricchimento. Ma ci sono anche i giovani, che non sono interessati solo ad Iphone sei. E poi c’è la frustrazione verso la politica incapace di ascoltare i disagi profondi della gente.   La chiesa cattolica ha giocato un ruolo essenziale. Non pochi attivisti e leader sono formati nelle scuole e gruppi cattolici. E poi c’è la figura, davvero fuori da ogni convenzione, del cardinale Joseph Zen, spesso chiamato  la ‘coscienza di Hong Kong”. Una figura che fa ricordare il ruolo che il Card. Sin ha avuto per la libertà nelle Filippine e il cardinale Kim per quella della Corea del Sud. Anche l’attuale vescovo di Hong Kong, il cardinale John Tong, uomo di sicura moderazione ed equilibrio, si è rivolto al governo per chiedere l’incolumità per i giovani studenti. Comunque vada a finire, Hong Kong in questi giorni è cambiata per sempre.