Sono e mi sento intimamente laico e apprezzo le sue risposte su Famiglia Cristiana. Bene fa questo Papa, che apprezzo moltissimo, a insistere sulla povertà. Vivo da più di trent’anni in mezzo agli ultimi e agli emarginati, che non hanno servizi. Leggo il Vangelo, ma non trovo la risposta giusta al problema. Il mondo ha abbracciato il capitalismo come la sola formula per ridurre la povertà e, forse, i dati danno ragione a questa scelta. Ma ecco il tarlo nella mia testa: ma Gesù non mandava i ricchi all’inferno? Se non esistessero i ricchi, come si potrebbe combattere e vincere la povertà? I ricchi sono quelli che investono, danno lavoro e rischiano in proprio.
Massimo

Per la cultura cattolica, in genere, il denaro è sempre stata l’incarnazione del demonio. Ma solo se diventava un idolo cui sacrificare tutto, anche la propria vita. I santi lo chiamavano “sterco del diavolo”. Altri, invece, sapevano come usarlo per “concimare” le opere di Dio, come ad esempio Madre Teresa di Calcutta. La ricchezza è, al tempo stesso, “sterco del diavolo”, ma anche “perla preziosa”, strumento indispensabile che è bene avere senza lasciarsi possedere. Il cristianesimo non è una religione “pauperistica”, che fa dell’ideale della povertà una ragione del proprio essere ed esistere. Non c’è nulla di più distante dalla volontà del Signore. Gesù stesso si è sempre preoccupato della condizione dei poveri, invitando tutti a sostenerli con i propri beni. La ricchezza, quindi, è via di salvezza se usata per i poveri e non per il soddisfacimento egoistico dei propri capricci. Nella parabola dei talenti Gesù elogia chi ha saputo gestire bene e fatto fruttare il denaro, mentre ha parole di rimprovero per chi si è limitato solo a custodirlo. Diceva sant’Agostino: «Non sono cattive le ricchezze, ma è cattivo chi usa male le ricchezze».