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Caro direttore, mentre nella normalità dei percorsi educativi l’ambiente scolastico dovrebbe essere luminoso come la primavera, oggi appare caratterizzato da continui temporali e violente grandinate. Si ha l’impressione che nella scuola si stia diffondendo qualcosa di strano, di negativo, di caratteriale che sta alterando, complicando e danneggiando i rapporti con i genitori e con gli alunni.
Credo che sia urgente leggere i fatti di questo periodo buio della scuola con tutte le dovute attenzioni e precauzioni e, soprattutto, attraverso un nuovo senso di responsabilità. Oggi, diversi adulti e ragazzi sembrano attirati più dal cattivo esempio di azioni e reazioni violente che dalla bellezza di quel piccolo frammento di tempo e di spazio chiamato scuola, che nelle sue relazioni quotidiane, con una amorevole comunicatività, si sforza di coinvolgere, di aprire una condivisione ad ampio raggio, anche attraverso esperienze di amicizia personale.
L’appassionante, impegnativa e ardua sfida educativa spinge a intessere una fitta rete di relazioni e di fattivo aiuto reciproco, capaci di trasformare a poco a poco il proprio modo di sentire e di guardare il mondo. Da sempre in prima linea su questioni fondamentali, delicate e importanti, la scuola è il luogo dove si plasma la libertà, dove si elaborano le scelte che hanno poi un impatto concreto sulla nostra vita.
Purtroppo, oggi, c’è un chiudersi dentro esperienze polverose, intimistiche e sterili: famiglie e ragazzi sono sempre meno interessati alla scuola, allergici alle sue regole e ai suoi insegnamenti. Si nota un crescente incattivimento motivato da esistenze senza valori, omologate al pensiero unico dominante, ad emozioni centrate sull’individualismo.
La solitudine dei docenti e la debole incisività dell’educazione che caratterizzano il nostro tempo, rendono sempre più difficile la difesa di valori e principi fondamentali. Il problema è serio: tutti i fattacci che accadono nella scuola, accadono perché molti si lasciano affascinare da persone che non riescono a vedere nella scuola e nell’educazione il loro futuro. Lo scenario appare, dunque, segnato da un orizzonte “anti-scolastico” basato sul successo economico, sul Pil e i profitti e privo di educazione.
Questo comporta la necessità di una riflessione sulla desertificazione e sull’abbandono di una scuola che continua a soffrire e, soprattutto, completamente diversa da com’era: docenti, genitori e alunni hanno cessato di darsi la mano e sono diventati contendenti, riducendo tutto il percorso scolastico a merce da sminuire o barattare.
L’assenza di valori e il piegare tutto al proprio io, impedisce all’uomo di riflettere sul senso del limite che diventa, così, una costrizione insopportabile, che impedisce il dominio di sé e fa perdere il controllo delle proprie azioni. Davanti ai continui episodi di aggressività verbale e fisica non basta ripetere lo slogan dell’emergenza educativa, bisogna credere nella forza dell’educazione che parla a cuori assetati di risposte, bisogna ricostruire relazioni autentiche che ci legano gli uni agli altri e permettono di trovare un limite anche dentro di noi.
Per frenare e ribaltare questa crisi di valori e di educazione, occorre riaprire un colloquio con tutti, perché solo attraverso il filo di tanti incontri personali, dove ciascuno diventa portatore di legalità, giustizia e rispetto, sentinella di luce e di speranza, sarà possibile cambiare la vita delle persone e della società. O tutti ci mettiamo la faccia in questa ardua e difficile impresa educativa, altrimenti l’educazione resterà sempre una parola vuota.
È necessaria una grande audacia, un grande impegno, per far sì che nella scuola la corresponsabilità, lo studio e la cultura possano generare grandi punti di contatto e una fitta rete di legami capaci di diffondere la straordinaria bellezza di un agire educativo autentico. Oggi la scuola se la passa male ed è abbandonata a se stessa, perché sta venendo meno un punto fermo: la cultura.
FERNANDO MAZZEO
Caro Fernando, all’inizio del nuovo anno scolastico le tue parole risuonano come un richiamo al fondamentale ruolo della scuola nella formazione umana e culturale delle nuove generazioni. La scuola risente inevitabilmente del clima politico, sociale e culturale del nostro Paese, non è un mondo a parte.
Non direi, quindi, che la scuola sia un “piccolo frammento di tempo e di spazio”: i nostri alunni, soprattutto fino agli 11 anni, vi trascorrono la maggior parte della giornata per 9 mesi all’anno. Tu stesso la definisci come «il luogo dove si plasma la libertà», rammaricandoti però perché è abbandonata a sé stessa e attribuendo la responsabilità di questa situazione alla mancanza di valori, all’individualismo, all’omologazione “al pensiero unico dominante”. Come darti torto?
Come non concordare sul fatto che senza una vera e concreta alleanza educativa tra docenti e genitori la scuola fatica a funzionare? Oppure sul fatto che per molte famiglie la cultura non è una priorità? Che i risultati sportivi a calcio, pallavolo, danza ecc. vengono prima rispetto a quelli scolastici?
Le generalizzazioni però non rendono conto della complessità del mondo, di cui la scuola è sempre uno dei grandi crocevia: ci sono anche tante famiglie che collaborano, che si impegnano dentro e fuori la scuola; tanti genitori che cercano di proporre ai propri figli nei periodi di vacanza viaggi ed esperienze significative, che ampliano e approfondiscono ciò che è stato appreso a scuola.
A tutto questo mondo di bene e di buone azioni la cronaca e i vari notiziari danno poco spazio, insistendo invece in modo superficiale e ossessivo sugli aspetti negativi, con il contorno inevitabile di pareri richiesti a presunti esperti che di scuola a volte, ahimè, mi danno l’impressione di saperne molto meno di quello che credono…
Nella tua lettera torna spesso la parola “oggi”, associata sempre ad aspetti negativi, come se, implicitamente, ci fosse una nostalgia temporis acti, che tante volte ricorre anche nelle analisi che capita di leggere sui quotidiani: la rovina per alcuni sono stati i Decreti delegati, che hanno aperto le porte della scuola ai genitori nel lontano 1974 (quasi 50 anni fa!), per altri addirittura il ’68…
A mio parere si tratta di discorsi generici, che non aiutano a risolvere i problemi attuali. La vera domanda è: cosa possiamo proporre alle famiglie e agli studenti che abbiamo di fronte ora? Sicuramente molte famiglie in difficoltà vanno aiutate, e talvolta le scuole sono l’unico presidio per i genitori di tanti minori, soprattutto per coloro che sono in Italia da poco, mentre per affrontare la complessità è indispensabile lavorare in rete.
Mediatori e facilitatori linguistici nelle scuole e corsi per aiutare le mamme straniere a imparare l’italiano sarebbero ad esempio uno strumento concreto per costruire l’alleanza educativa e favorire una reale inclusione. Un supporto con un educatore a scuola e a casa per tutti gli alunni a rischio dispersione e devianza sarebbe utilissimo, ma le ore di assistenza educativa sono sempre poche rispetto ai reali bisogni…
Anche i docenti vanno formati perché imparino a gestire le classi e gli alunni “difficili” non solo individualmente, ma anche attraverso progetti condivisi tra tutti i docenti della classe. Questa abitudine a lavorare in team è propria dei docenti di primaria (che hanno nel proprio orario 2 ore fisse la settimana di programmazione), meno diffusa invece tra i docenti della secondaria di primo e secondo grado.
Ma è evidente che i problemi educativi non si possono affrontare solo con i consigli di classe straordinari, distribuendo punizioni o sospensioni che servono a poco: certi comportamenti disfunzionali vanno prevenuti con strumenti adeguati, che possono e debbono essere anche le osservazioni di esperti (psicologi e neuropsichiatri), perché gli insegnanti non possono essere tuttologi.
Infine, un’ultima osservazione: perché il successo economico dovrebbe rientrare necessariamente in un orizzonte antiscolastico? Molte scuole, oltre a dare una preparazione di cultura generale, formano anche i loro studenti perché possano entrare con gli strumenti necessari nel mondo del lavoro e questo è molto e ha una forte valenza educativa. Purché non si riduca a essere l’unico orizzonte per cui si va a scuola.



