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Domenica 1° giugno Papa Leone XIV darà il via all’ultima tappa del Giro d’Italia, che partirà all’interno delle mura vaticane. In meno di un mese dalla sua elezione sarà il terzo incontro di Leone XIV con il mondo dello sport, dopo il saluto con il campione di tennis Jannik Sinner e l’udienza con la squadra di calcio del Napoli, vincitrice del campionato.
Sarà una novità vedere un papa dare il via a una tappa del Giro che per i primi chilometri si snoderà dentro il Vaticano, ma va detto che i legami fra i papi, il Giro e i campioni del ciclismo è sempre stato molto stretto.
Era il 12 giugno del 1946, un mercoledì, quando Pio XII rivolse un breve saluto ai partecipanti alla 29a edizione del Giro d’Italia. L’incontro avvenne nel cortile di San Damaso alla partenza della tappa Roma-Perugia. Papa Pacelli si rivolse ai “diletti giovani” dicendo, fra l’altro, che “il vostro ardore giovanile e il vostro slancio sportivo vi rendono particolarmente cari al Nostro cuore”. Poi proseguì con queste parole: “Noi abbiamo già altra volta manifestato in questo stesso luogo l'affetto che nutriamo per voi. Vorremmo però ora rilevare come lo sport della corsa merita una speciale considerazione, sia in se stesso, sia per il suo valore di simbolo. La corsa importa e richiede sforzo, uno sforzo sano, uno sforzo armonioso di tutto il corpo, uno sforzo la cui energia si mostra meno con la violenza degli sbalzi o dei colpi, che col coraggio della disciplina virile e della costanza prolungata e sostenuta fino al traguardo. Ma soprattutto, come elevata e fulgida è la realtà, di cui questo sport è simbolo! Nella corsa verso la vita e la gloria eterna, voi lottate, non per guadagnare un premio corruttibile o che può passare ad altre mani, ma con la speranza di una corona imperitura, che non espone nessuno di voi alla delusione di non essere il vincitore, purché osserviate lealmente le leggi di questa sublime gara dello spirito, e non vi lasciate arrestare da nessuna stanchezza e da nessun inciampo, prima di aver toccato la mèta”. Infine l’augurio: “Andate dunque, al sole radioso d'Italia, di questa vostra Patria, di cui conoscete le native splendenti bellezze e della quale volete essere campioni degni ed intrepidi. Andate, o prodi corridori della corsa terrena e della corsa eterna. Vi accompagnano il Nostro augurio e la Nostra preghiera, mentre di gran cuore impartiamo a tutti voi e a tutti coloro che s'interessano di voi e di cui voi v'interessate, la Nostra paterna Apostolica Benedizione”.
La benedizione portò bene a Gino Bartali, devoto militante dell’Azione Cattolica, che vinse il Giro davanti a Fausto Coppi e a Vito Ortelli. Non a caso, il 7 settembre del 1947, in un discorso rivolto ai membri dell’Azione Cattolica, Pio XII additò ad esempio “il vostro Gino Bartali”, il quale “ha più volte guadagnato l’ambita ‘maglia’”.
Tre anni dopo, nel 1949, Pio XII proclamò la Madonna del Ghisallo patrona dei ciclisti. Il 14 giugno 1950 sempre Papa Pacelli ricevette, all’udienza generale, i ciclisti partecipanti all’edizione numero 33 del Giro d’Italia, che si era conclusa il giorno precedente a Roma, alle Terme di Caracalla, con la vittoria dello svizzero Hugo Koblet (primo straniero a vincere la corsa “rosa”) davanti a Bartali.
Non si ricordano incontri fra Giovanni XXIII e il mondo del ciclismo, ma la morte di Roncalli, il 3 giugno del 1963, avvenne durante lo svolgimento del Giro e il leader della corsa, Franco Balmamion, in segno di lutto indossò una fascia nera sopra la maglia rosa.
Paolo VI, bresciano come molti campioni del ciclismo, accolse il Giro d’Italia sabato 30 maggio del 1964, dopo la tappa con arrivo a Castel Gandolfo. Nel suo discorso, Montini esordì con queste parole: “Siamo lieti e siamo riconoscenti di questa vostra visita! È codesta una tappa, che Ci fa ricordare l’interesse appassionato, con cui anche Noi, nella Nostra fanciullezza, seguivamo le notizie del Giro d’Italia. È una tappa, che Ci offre la gradita opportunità, non solo di ricordare i nomi famosi dei grandi corridori degli anni passati, ma di conoscere i vostri nomi e d’informarci delle vicende di questa sempre celebre gara!”.
Dieci anni dopo, il 16 maggio 1974, Paolo VI accoglie nuovamente il Giro d’Italia, in partenza dal Vaticano. Marco Torriani, figlio di Vincenzo (organizzatore del Giro per decenni), era presente e ricordò l’evento con queste parole: “il Papa volle salutare il Giro non affacciandosi dal balcone, ma dal palco appositamente costruito per la circostanza, davanti al quale sfilarono i corridori con le ammiraglie delle squadre. Da parte sua, il Giro modificò appositamente il cerimoniale del via portando le biciclette e le ammiraglie davanti al palco dove Paolo VI aveva salutato uno per uno tutti i corridori, i responsabili dell’organizzazione, delle squadre e i giornalisti. Per sottolineare il valore educativo di questo sport la direzione del Giro consegnò al Papa un certo numero di ‘biciclettine’ per bambini da destinare a coloro che non potevano permettersela. La carovana riprese il cammino con la benedizione e il via ufficiale da parte del Papa con la classica bandierina. Tra i presenti alla cerimonia di partenza c’erano anche Sergio Zavoli con un emozionatissimo Gino Bartali”. Nel suo saluto, Paolo VI definisce il Giro “gara generosa, forte, semplice, rispettosa dei valori della persona”, da indicare “al rispetto e all'emulazione specie dei giovani, che devono trovare in voi, cari atleti, non un ideale astratto, ma un'esemplificazione concreta di frugalità, di sacrificio, di auto-controllo, di cameratismo, di fraternità, che li incoraggi a seguire vie diritte nel difficile cammino della vita”.
Le foto dell’evento mostrano Paolo VI fra i due più grandi campioni dell’epoca: Felice Gimondi (con la maglia iridata di campione del mondo conquistata l’anno prima a Barcellona) ed Eddy Merckx. L’udienza riservò un momento curioso raccontato dal giornalista Gianfranco Josti: “All’improvviso un momento di panico tra i prelati che affiancavano il Pontefice e gli organizzatori. Un corridore, Guerino Tosello, anziché baciare l’anello al Papa, l’aveva abbracciato stampandogli due baci sulle guance”.
Va anche ricordato che nel 1972, nel messaggio di Paolo VI in occasione dell’apertura dei Giochi Olimpici di Monaco, ci fu un accenno a Eddy Merckx, altro atleta molto credente. Il Papa esortò a dare ascolto alle parole del campione belga, che aveva dichiarato: “Cristo per me è presente continuamente in tutta la mia vita. Io credo profondamente in lui, alla sua storicità, alla sua divinità”.
Bisogna attendere il 2000, anno di Giubileo, per ritrovare il Giro in Vaticano. Venerdì 12 maggio, vigilia della partenza della corsa, la carovana dei corridori (con la presenza di illustri ex come Fiorenzo Magni, Merckx, Adorni e Gimondi) e di campioni olimpici dello sport italiano (fra loro Alberto Tomba, Jury Chechi, Valentina Vezzali e Giovanna Trillini) fu ricevuta in udienza da Giovanni Paolo II. All’evento aveva lavorato da tempo Candido Cannavò, il vulcanico e visionario direttore della Gazzetta dello Sport. Cannavò trovò un alleato nel cardinale Crescenzio Sepe, che si rivelò anche un appassionato di ciclismo ( e Cannavò, per temerselo buono, fu abile nel regalargli una maglia autografata da Marco Pantani). Nel suo discorso Wojtyla fra l’altro rese omaggio alle “nobili figure di atleti che hanno reso grande lo sport del ciclismo in Italia e nel mondo. In questo momento il pensiero va spontaneamente a Gino Bartali, recentemente scomparso, grande figura di sportivo, di cittadino esemplare e di convinto credente. Il suo esempio rimane per tutti un punto di riferimento di come si possa praticare lo sport con una grande carica umana e spirituale, facendone una luminosa espressione dei più alti valori della esistenza e della convivenza sociale”.
A proposito di Wojtyla, papa sportivo, va citato il ricordo di Ernesto Colnago, geniale costruttore di biciclette da campioni. Intervistato dal Corriere della Sera, Colnago, rivelò di aver regalato a Giovanni Paolo II (che a Cracovia “faceva una quarantina di chilometri due volte alla settimana”), una bici da corsa laminata in oro. “Ma quando gliela consegnai”, aggiunse, “mi spiegò che da Pontefice non poteva andarci. Allora tornai in fabbrica e ne preparai una più turistica. La utilizzò a Castel Gandolfo”.
Anche Papa Francesco ha avuto in regalo una bicicletta. Gliela donò il campione colombiano Egan Arley Bernal Gomez, vincitore del Giro d’Italia 2021, al termine dell’udienza generale del 16 giugno di quell’anno. “L’ho salutato e poi il Papa ha cominciato quasi a scherzare. Mi ha chiesto quanti caffè prendo prima di salire in bicicletta. Dopo ho donato a Francesco la bicicletta e la maglia rosa. Ho detto al Papa che sono doni da parte dei colombiani”, dichiarò Bernal al termine dell’incontro. Bergoglio era più appassionato di calcio che di ciclismo, ma nella sua intervista del 2021 a Pier Bergonzi per La Gazzetta dello Sport volle ricordare l’impegno di Gino Bartali a favore degli ebrei durante le persecuzioni nazifacsiste.
Disse fra l’altro Francesco: “Si dice che aiutò circa ottocento ebrei, con le loro famiglie, a salvarsi durante la barbarie a cui vennero sottoposti. Diceva che il bene si fa e non si dice, se no che bene è? Lo Yad Vashem lo considera ‘Giusto tra le nazioni’, riconoscendo il suo impegno. Ecco la storia di uno sportivo che ha lasciato il mondo un po’ meglio di come lo ha trovato”.



