Un Paese «entrato nel ciclo del post-populismo» che detiene il primato europeo dei Neet, dove le aule scolastiche sono sempre più vuote a causa della contrazione demografica e la sanità che deve affrontare una carenza di personale. E gli italiani? Non credono più di poter migliorare il proprio futuro, sono malinconici, spaventati dagli eventi globali che possono da un momento all'altro compromettere presente e futuro, sempre meno disposti a seguire le sirene degli influencer e del lusso ma anzi indignati dallo sfoggio di denaro e dalle diseguaglianze economiche ostentate nella vita e sui social. Otto italiani su 10 non sono più disposti a fare sacrifici per cambiare, né per seguire la moda né per fare carriera. L'83,2% non ha più voglia di sacrificarsi per mettere in pratica le indicazioni degli influencer, l'81,5% per vestirsi alla moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. Il 36,4%, inoltre, non è disposto a sacrificarsi nemmeno per avanzare nel lavoro e guadagnare di più.

È il ritratto che emerge dal 56° Rapporto Censis che fotografa un Paese entrato nel «post-populismo» in cui le «istanze di equità» non sono più «liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico». Il report del Censis arriva dopo la drammatica sequenza di eventi di portata mondiale: il Covid, la guerra in Ucraina, l'inflazione in crescita e la crisi energetica. Un poker micidiale che va a sommarsi alle vulnerabilità preesistenti e che determina negli italiani «una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere». L’inflazione con aumenti dei prezzi che non si vedevano dagli anni Ottanta si fa sentire: il 92,7% degli italiani è ben convinto che la corsa dei prezzi durerà a lungo, il 76,4% pensa che le entrate familiari nel prossimo anno non aumenteranno, quasi il 70% pensa anzi che il proprio tenore di vita peggiorerà. Diventano quindi «socialmente insopportabili» le forbici economiche: il gap tra i salari dei manager e quelli dei dipendenti (odioso per l'87,8%), le buonuscite milionarie dei 'top' (86,6%) ma anche gli eccessi, i jet privati e le auto costose. L'81,5% non tollera gli «immeritati guadagni» degli influencer, personaggi «senza competenze certe». Né, salvo «improvvise fiammate», si registrano «intense manifestazioni collettive come scioperi, manifestazioni e cortei», e a comprovarlo c'è anche il dato record dell'astensione elettorale. C'è piuttosto un ripiegamento in sé: «Una filosofia molto semplice - annota il Rapporto – “lasciatemi vivere in pace nei miei attuali confini soggettivi”». Una tentazione alla «passività» che si riscontra nel 54,1% degli italiani. Si frena anche al lavoro: al 36,4% non interessa più sacrificarsi per far carriera o guadagnare di più. Crescono paure nuove: ormai l'84,5% degli italiani, in particolare i giovani e i laureati, ritiene che anche eventi geograficamente lontani possano cambiare le loro vite; il 61% teme che possa scoppiare la Terza guerra mondiale, il 59% la bomba atomica, il 58% che l'Italia stessa entri in guerra.



Oltre metà degli italiani, inoltre, teme di rimanere vittima di reati sebbene nell'ultimo decennio le denunce siano in calo del 25,4%, gli omicidi volontari siano diminuiti del 42,4%, così come le rapine (-48,2%) e le case svaligiate (-47,5%). Sono però aumentate, sempre dal 2012, le violenze sessuali (+12,5%).

Milano guida la graduatoria delle province in base ai reati denunciati in rapporto ai residenti, con 59,9 reati ogni 1.000 abitanti, a fronte di una media nazionale di 35,7. Seguono Rimini (55), Torino (50,6), Bologna (49,8) e Roma (48,6). Firenze è settima (47,3), Napoli al decimo (42,2). Nell'ultimo decennio sono aumentate solo alcune fattispecie di reato contro la persona, come le violenze sessuali: erano 4.689 nel 2012, sono 5.274 nel 2021: +12,5%. Crescono anche le estorsioni (+55,2% tra il 2012 e il 2021), che rappresentano, secondo il Censis, «una spia della pressione della criminalità organizzata» che aumenta nei periodi di crisi economica. Infine, aumentano tutti i reati informatici: le truffe e le frodi denunciate nel 2021 sono state 294.649, +152,3% rispetto al 2012, i delitti informatici sono arrivati a quota 22.067 (+200,4% tra il 2012 e il 2021).

Nel Paese c'è una spiccata tendenza all'invecchiamento all'impoverimento: nel 2021 le famiglie in povertà assoluta erano 1,9 milioni, pari al 7,5% del totale, aumentate di 1,1 punti rispetto al 2019, per un totale di quasi 5,6 milioni di individui. Gli over 65 sono il 23,8%, +60% rispetto a trent'anni fa, e tra vent'anni si calcola che saranno il 33,7%.

Il trend si riflette sulla scuola, ma anche sulla sanità. Si calcola che tra 20 anni tra i banchi potrebbero sedere 1,7 milioni di giovani in meno, con uno “tsunami demografico” che investirà in primo luogo la primaria e la secondaria di primo grado: i 6-13enni, già nel 2032, potrebbero essere quasi 900mila in meno rispetto a oggi. E anche le immatricolazioni all'Università sono date in contrazione forte tra il 2032 e il 2042. Intanto i Neet - chi non studia né lavora - sono al top d'Europa: il 23,1% dei 15-29enni, che sale al Sud al 32,2%: la media Ue è del 32,2%. Invecchia anche il personale sanitario: l'età media dei 103.092 medici del Ssn è di 51,3 anni, tra gli infermieri è di 47,3 anni. Si stima che nel 2022-2027 i pensionamenti tra i medici saranno 29.331 e 21.050 tra gli infermieri. Dal 2008 al 2020 il rapporto medici/abitanti è passato da 19,1 a 17,3 per 10mila abitanti, mentre quello relativo agli infermieri da 46,9 a 44,4 per 10mila. Una crisi che la pandemia ha fatto esplodere in tutta la sua drammaticità che non accenna a finire e spaventa gli italiani.