Un altro caso di violenza nelle scuole, il ragazzo di Abbiategrasso che ha ferito la sua insegnante. E dal ministro in giù, tutti a chiedere più psicologi nelle scuole. Eppure in quella scuola c’era uno sportello psicologico: basta guardare il sito dell’Istituto. Ho rispetto per la sua categoria, ma davvero uno psicologo in ogni scuola potrebbe risolvere i problemi degli adolescenti?

 

Caro Claudio, dico che sono in buona parte d’accordo con lei. Ho svolto per molti anni questo ruolo e riconosco il contributo prezioso di uno psicologo a scuola. Perché offre un primo ascolto alle difficoltà dei ragazzi gratuitamente e direttamente nel luogo che frequentano e la possibilità per loro di incontrare una figura competente e fuori dalle dinamiche emotive che li legano ai genitori e agli insegnanti. Ma ne conosco anche i limiti.

Non tutti gli adolescenti riescono a cogliere questa opportunità perché temono i giudizi dei compagni se vanno dallo psicologo durante le ore di scuola. Spesso poi, come nella scuola in questione, il numero di ore di sportello psicologico è insufficiente, e i servizi partono dopo alcuni mesi dall’inizio delle lezioni. Più in profondità, occorre mantenere un delicato equilibrio tra il segreto professionale nei confronti dei ragazzi e la costruzione della rete educativa attorno a loro, nella comunicazione con i docenti e con i genitori.

La presenza dello psicologo trova pienamente il suo significato se consente a genitori e insegnanti di capire più a fondo le dinamiche dei ragazzi nella scuola e di vivere meglio le relazioni con loro per aiutarli a crescere. Se diventa cioè il costruttore di alleanze educative tra gli adulti. È un’azione non facile, che richiede psicologi adeguatamente preparati, che sappiano essere contemporaneamente “dentro” alla scuola, cioè in relazione con il dirigente e i docenti, e “fuori” da essa, come figure esterne a cui i ragazzi possono rivolgersi.