Londra.

Londra, il giorno dopo l’attentato a Parsons Green, è una città in stato di assedio con soldati e poliziotti armati fino ai denti che presidiano le stazioni della metropolitana e i punti chiave della città. Eppure i passanti sorseggiano tranquilli il loro caffè, subito fuori la stazione metropolitana dove ieri è scoppiato l’ordigno rudimentale, nascosto in un secchio e in una busta dei supermercati low cost Lidl, e lasciato accanto alla porta di un convoglio della metro. “Questa volta ci è andata bene”, senz’altro questo è il commento più diffuso tra i cittadini e si può immaginare che così avrà pensato anche la premier Theresa May mentre consultava servizi di sicurezza e polizia prima di decidere lo stato di massima allerta, quello che segnala che un altro attacco è possibile in qualsiasi momento.

Le autorità hanno confermato che i feriti avrebbero potuto essere molti di più dei 29 colpiti ieri se la bomba fosse esplosa completamente e l’attentatore non fosse stato così inesperto e non avesse usato un timer. Certo, la paura non manca ma questa è una città che ha saputo fare i conti con il terrorismo sanguinario dell’Ira che per anni preannunciava le sue bombe, che facevano saltare decine di persone, ordigni sofisticatissimi a confronto della palla di fuoco scoppiata ieri.

E per quanto ne dica Trump con i suoi tweet, i servizi segreti britannici sono forse i più famosi nel mondo e ci sono buoni motivi. Se Scotland Yard ha segnalato un aumento del 68%, fino a raggiungere la cifra di 379, degli arresti legati ai reati di terrorismo, tra il giugno 2016 e il giugno 2017, una percentuale altissima, la statistica indica la grande efficienza della polizia britannica che riesce a sventare la maggior parte di questi attentati. Insomma l’antiterrorismo funziona soprattutto se si pensa che interi quartieri della capitale sono islamizzati e nelle moschee gli imam predicano usando l’arabo, una lingua non certo conosciuta dagli agenti.



«L'occhio vigile dei cittadini può aiutarci nell'investigazione»

La caccia all’uomo cominciata ieri, con migliaia di agenti e soldati che perlustravano ogni strada del Regno Unito, ha già dato i suoi frutti. Un diciottenne è stato arrestato a Dover, il porto da dove si parte per la Francia ed è possibile che sia il responsabile dello scoppio sulla metropolitana.

Ma gli agenti migliori sono i membri del pubblico, ha detto il responsabile nazionale della polizia antiterrorismo Neil Basu perché in una città di quasi 9 milioni di abitanti con una metropolitana che copre ogni angolo e ogni strada è soltanto l’occhio vigile dei cittadini “che può aiutarci in questa difficile investigazione”. È un segno della volontà di continuare come sempre, pur nello stato di massima allerta, il fatto che la stazione della metropolitana di Parsons Green abbia riaperto nelle prime ore di questa mattina.

È soltanto la seconda volta quest’anno che il Regno Unito – perché agenti e polizia sono impiegati in tutto il paese e non soltanto a Londra – viene dichiarato in stato di massima allerta. La prima è stata all’arena di Manchester quando 22 persone sono state uccise lo scorso maggio. Le cifre rilasciate dal Ministero dell’Interno sono un bollettino di guerra per la Gran Bretagna. Il numero più alto di arresti per terrorismo negli ultimi dodici mesi dal 2001, 12 legati all’attacco di Westminster di marzo, 23 con l’attentato di Manchester, 21 dopo l’assalto al London Bridge di giugno e un arresto legato al furgone che è stato lanciato contro i passanti a Finsbury park lo scorso giugno.

Nell’ultimo anno è aumentato, fino a 35 per cento in più, anche il numero di prigionieri per reati di terrorismo ma, da lunedì, una squadra speciale di cento agenti esaminerà dati e informazioni provenienti da tutto il paese per vedere quanto grande è il rischio posto dalla radicalizzazione nelle prigioni britanniche.