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Maria Cristina è mamma affidataria di Francesco, un ragazzo ormai di vent’anni che soffre di tetraparesi spastica per una ipossia prenatale. Lei e Luca, il marito, sono le figure genitoriali di riferimento e i responsabili di una casa famiglia della comunità papa Giovanni XXIII nel Veneto, in provincia di Padova. Francesco quest’estate ha concluso l’Itis con indirizzo informatica e ha dovuto affrontare la maturità.
«L’opzione di non fare l’orale» racconta Maria Cristina «non è stata mai contemplata. Francesco avrebbe potuto fare scena muta ma ha scelto di mettersi in gioco per dimostrare a se stesso e a gli altri che attraverso la determinazione, la costanza si possono superare i propri limiti. Lui la maturità e, in particolare l’orale, li ha vissuti come un appuntamento importante, perché erano l’occasione dirsi e dire tutte le cose che aveva nel cuore e nella mente. Si è preparato sulle materie e davanti alla prima immagine che gli è stata posta ha fatto tutti i collegamenti richiesti».
Solo per la presentazione del suo percorso scolastico si è fatto aiutare dall’intelligenza artificiale. «Che gli ha permesso di far sintesi di tutti gli anni trascorsi in quella scuola, dalla difficoltà di capire le materie nuove, alla pandemia e, infine, al famigerato (come lo chiama Francesco) esame di maturità che lui avrebbe potuto non fare per la sua disabilità ma che ha voluto fare». Per altro, dando il massimo! «Voleva arrivare a 80 e si è diplomato con 86».
Anche papà Luca è molto orgoglioso del risultato raggiunto: «Per lui è stata un’occasione di autostima e di validazione verso lo sguardo esterno, l’occasione per riprendersi il posto giusto nel palcoscenico della vita. Francesco, per altro, ha fatto una parte in Solo cose belle un film del 2019 in cui si parla, in forma romanzata, delle Case famiglia della papa Giovanni XXIII».
Da dieci anni la canonica di Valnogaredo è casa di Luca e Maria Cristina che, con i loro due figli naturali, vivono insieme ad altri minori, ragazze madri, persone con fragilità che accolgono ispirandosi allo stile di don Oreste Benzi, l’«infaticabile apostolo della carità» come lo definì papa Benedetto XVI di cui, il 7 settembre, ricorrono i 100 anni dalla nascita.
«Le nostre case famiglia sono a multiutenza e cercano di ricreare le dinamiche famigliari perché ognuno possa giocare il proprio ruolo sociale. Indimenticabile (visto che oggi ricorre la giornata mondiale dei nonni e degli anziani, ndr) Ancilla, una signora ultraottantenne, che stava con noi di giorno. È stata decisiva anche per i nostri figli. La sua Importanza si è vista quando la nostra primogenita Marta, che non aveva conosciuto i suoi nonni, ha scritto in un tema di nonna Ancilla e delle storie sulla seconda guerra mondiale che raccontava».
Lo stupore si è mescolato alla tenerezza. «Gli anziani hanno un ruolo decisivo. Mai come oggi abbiamo bisogno di testimonianze reali e vissute sul campo attraverso le emozioni, le sensazioni e i sentimenti. Per la nostra esperienza vocazionale il ruolo di nonno si può giocare al di là della biologia perché il ruolo è una scelta. Così vale per mamma e papà, è una scelta non basta il processo chimico, l’ovulo, lo spermatozoo etc. Essere genitori si sceglie, diversamente non ci sarebbero abbandoni».



