Sembrerà strano che nella giornata dell’oro di Gregorio Paltrinieri  nei 1.500 stile libero e del secondo oro di Niccolò Campriani (tiro a segno, 50 m 3p) la vetrina sia per il bronzo di Tania Cagnotto nel trampolino da tre metri.

Ma ci sono medaglie che hanno un valore che non si misura dal colore, che vanno al di là dei podi e delle classifiche: per le delusioni che riparano, per l’investimento che c’è dentro. Tania Cagnotto chiude qui la sua lunga avventura nei tuffi, cominciata a 15 anni con le prime gare importanti. La chiude con un punteggio che vale il primato personale, cosa che solo i campioni sanno fare. E’ arrivata a Rio con alle spalle una sessantina di medaglie tra Europei, Mondiali e Coppa del mondo e con nel cuore due schegge dei due legni presi a Londra 2012 per manciate di centesimi di punto in gare che valgono 300 punti e oltre. Poteva arrendersi e mollare lì e invece è rimasta per prendersi quello che si meritava, spostando soltanto – ma è facile dirlo  molto meno farlo – l’obiettivo di quattro anni.

Poteva sedersi sull’argento del sincro con cui a Rio aveva già rotto l’incantesimo della medaglia stregata e invece ha voluto con tutta sé stessa finire in bellezza con una gara da manuale, in cui ha fatto tutto al meglio mettendo pressione alla canadese Abel, sua avversaria più difficile e diretta. Non aveva più niente da dimostrare, ma ci teneva a mettere la ciliegina sulla sua meravigliosa torta che a breve si tramuterà in una torta di nozze.

I suoi tuffi finiscono qui, con un ultimo salto da 81 punti. E sarà una pagina che si volta anche per lo sport italiano, che probabilmente impiegherà un po’ a trovare a una nuova Tania. Perché quella di Tania è una lunga storia che ha radici lontane, che cominciano con suo nonno, Otto Casteiner, padre di Carmen anche lei tuffatrice mamma di Tania, allenatore dell’ultimo tuffatore italiano ad aver vinto una medaglia olimpica italiana fin qui: è stato a Mosca 1980, il tuffatore era Giorgio Cagnotto, padre di Tania, bravissimo ad accompagnarla fin qui senza che quel cognome e quell’eredità le pesassero sulle spalle.

Lo sport italiano perde, giustamente perché è tempo di tuffarsi nella vita, una delle sue atlete più rappresentative e soddisfacenti, ma saluta anche una delle famiglie più simpatiche che la storia dello sport italiano ricordi: paradossalmente una famiglia vincentissima in cui è stato sempre chiaro che le persone e le relazioni venivano prima delle medaglie.

 Grazie Tania, Grazie Giorgio