Cara professoressa, mi chiamo Anna, ho 13 anni e frequento una scuola media della provincia di Milano. Aspettavo la terza da tanto tempo, perché finalmente si finisce ma soprattutto perché c’era la gita, si dormiva fuori casa. La gita però non c’è più: i professori non ci vogliono portare, dicono che siamo troppo vivaci, che ne abbiamo combinate tante. Possiamo fare solo uscite di un giorno. I genitori hanno cercato di convincerli a cambiare idea, hanno parlato col preside, ma niente. Le sembra giusto che dobbiamo rinunciare a questa importante esperienza? I professori non hanno il dovere di accompagnarci?

ANNA


— Cara Anna, la gita è davvero un’importante esperienza, proprio per questo si chiama viaggio di istruzione, perché è strettamente collegata alla didattica, all’apprendimento. Si può imparare in molti modi: quello più efficace nasce senz’altro dall’osservazione diretta delle cose, dai profumi annusati, dai monumenti guardati sollevando il capo. Per farlo, però, non è necessario raggiungere mete lontane. So che per voi ragazzi anche il pigiama party con i compagni è un’esperienza, ma un insegnante potrebbe avere qualche remora. Soprattutto se la classe è vivace, come scrivi. Forse non sai che una sentenza della Corte di cassazione obbliga la scuola, quindi i docenti, a prevedere le situazioni di pericolo e a scongiurarle, a scegliere finanche i mezzi di trasporto e le strutture ricettive in modo da non mettere a rischio l’incolumità degli studenti: una ragazza di 16 anni, infatti, dopo aver fumato uno spinello, aveva scavalcato il parapetto di un balcone ed era caduta riportando gravissime ferite. Quindi bisogna controllare autobus, alberghi e tutto il controllabile per prevedere catastrofi, altrimenti si risponde personalmente. Una collega mi raccontava che alcuni suoi ragazzi anni fa, albergo sul mare, hanno preso il largo a bordo di un pedalò. Qualcuno non sapeva nuotare. Ma, nonostante ciò, tutti ci siamo spesso armati di coraggio: niente pigiama in valigia, soltanto tute per le passeggiate notturne nei corridoi; vivisezione delle piantine degli alberghi con scelta di camere ai piani bassi, gomme degli autobus passate al vaglio. Senza alcun compenso. Ci vuole il fisico e se un insegnante non ce l’ha non gliene si può fare una colpa, né lo si può obbligare. Accontentati di ciò che hai. L’uscita di un giorno è comunque istruttiva e importante. Spesso si va in posti lontani senza conoscere che cosa c’è dietro l’angolo. I miei ragazzi non sapevano dove fosse la statua di Parini a Milano: è a dieci minuti da casa loro, in piazza Cordusio, li guardava dai suoi quattro metri ogni volta che facevano shopping. Ma loro non avevano mai alzato la testa.