“Le parole "coniuge", "coniugi", "marito" e "moglie", ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso”. E’ molto chiaro il cosiddetto testo base Cirinnà sulle unioni civili a cui la Commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera. Al di là delle lunghe spiegazioni e riferimenti ad articoli di diverse leggi e all’esclusione della possibilità di adottare (peraltro facilmente aggirabile ricorrendo a varie forme di procreazione assistita e poi alla cosiddetta stepchild adoption) la definizione costituzionale del matrimonio viene diluita e riletta, come si usa fare ultimamente con molte leggi, secondo le interpretazioni personali e secondo le “mode” del momento che vogliono tra l’altro la parificazione assoluta tra matrimonio e unioni di fatto anche tra omosessuali.
 Ma attenzione, chi è contrario a questo testo non mette in discussione i diritti individuali delle persone che devono essere garantiti a tutti indipendentemente dallo status personale: pensiamo al riconoscimento di diritti quali l’assistenza sanitaria o penitenziaria o a quello di poter rimanere ad abitare nella casa comune. Ma quel che non è accettabile – se la Costituzione vuol dire ancora qualcosa -  è ridurre realtà diverse a parole uguali, dunque l’equiparazione quasi totale tra matrimonio e unioni. In realtà quello che viene costruito, come ha denunciato ripetutamente il Forum delle associazioni familiari,  è un modello “il più simile possibile al matrimonio dell’art. 29 della Costituzione, in attesa di una totale omologazione per via di sentenze dei vari tribunali, in Italia e in Europa, negando anche quello che la Corte costituzionale ha ampiamente sottolineato, vale a dire che il matrimonio è indissolubilmente connesso, nel nostro quadro normativo fondativo, alla eterosessualità dei coniugi”.
 Lo stesso Forum aveva lamentato lo scarso interesse che ha raccolto durante le audizioni sulla proposta il parere di tante associazioni impegnate quotidianamente a fianco delle famiglie e ha espresso la delusione nel constatare che  “ancora una volta, con queste modalità, la politica voglia fare le proprie scelte non ascoltando il Paese, ma sulla testa del Paese, o dando voce solo ad alcuni soggetti minoritari”, mentre “alla famiglia, quale nucleo fondante della società, deve essere riconosciuto il ruolo preminente di formazione delle nuove generazioni e di fattore di coesione sociale” come sostenuto dalla Costituzione, dal Codice civile e come riaffermato recentemente dalla Corte Costituzionale.