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Cari amici lettori, il cammino della sinodalità è stato additato da papa Francesco come la via che Dio vuole per la Chiesa nel terzo millennio (17 ottobre 2015), tanto da farne il tema di un Sinodo “ampliato” dei vescovi (ce ne parla padre Costa alle pagg. 2627). Ma – forse anche per un uso a volte fuori luogo che ha screditato il termine – non sempre cogliamo le implicazioni e l’importanza del tema “sinodalità”, soprattutto nella vita ordinaria delle nostre parrocchie. Il Papa però non ha dimenticato la sua rilevanza pastorale e ha voluto coinvolgere i parroci nel processo sinodale, invitando una rappresentanza di 300 di loro all’incontro internazionale “I parroci per il Sinodo” a Sacrofano a fine aprile, e scrivendo poi una lettera ai parroci (2 maggio) sul tema. Dunque, come intendere la sinodalità a un livello più concreto? Non si tratta
di “fare più cose” o “altre cose” rispetto all’ordinario, ma di innestarvi una prospettiva nuova. Nella Lettera ai parroci il Papa ha indicato con chiarezza un orizzonte e tre punti concreti. Qual è l’orizzonte per una Chiesa sinodale missionaria? Le parrocchie sono chiamate a fare della «partecipazione di tutti i battezzati
all’unica missione di annunciare il Vangelo il tratto caratteristico della loro vita». Insomma una parrocchia che sa di essere «a servizio della missione che i fedeli portano avanti all’interno della società, nella vita familiare e lavorativa, senza concentrarsi esclusivamente sulle attività che si svolgono al loro interno». Un capovolgimento non da poco, se pensiamo quante energie assorbono i problemi ordinari interni. E poi tre “suggerimenti”: incoraggiare e valorizzare i carismi dei laici, praticare il discernimento usando il metodo
della “conversazione nello Spirito”, coltivare la fraternità e la condivisione tra preti e con il vescovo. Sulla valorizzazione dei laici: si tratta di uscire da una visione clericale (il Papa vi allude parlando di primeggiare”, riferito ai preti) e di imparare a camminare insieme, ognuno con i propri carismi, in particolare quelli dei laici, carismi «indispensabili per poter evangelizzare le realtà umane». Non si tratta di “clericalizzare” la parrocchia, ma di evangelizzare le realtà umane. Un orizzonte fondamentale. Il secondo suggerimento ha a che fare con il discernimento inteso come metodo che «consentirà di riconoscere meglio i carismi presenti nella comunità, di adare con saggezza compiti e ministeri, di progettare nella luce dello Spirito i cammini
pastorali, andando oltre la semplice programmazione di attività». Il metodo della “conversazione nello Spirito” suggerito dal Papa aiuterà ad ascoltarsi gli uni gli altri negli incontri “decisionali”, mettendo tra parentesi le proprie idee e aspettative, per ascoltare quanto lo Spirito dice attraverso l’altro, interrogandosi poi insieme su come fare sintesi e trovare un orientamento per il progetto di un vero cammino pastorale. Ciò suggerisce un atteggiamento di apertura, di ricerca del meglio e non di stanca ripetizione. Abbiamo gli strumenti “concreti” per camminare insieme (ad esempio i consigli pastorali), ma la sfida della “comunione, partecipazione missione”, come da titolo del Sinodo, richiederà certo tempi lunghi per essere metabolizzata ed entrare nella mentalità pastorale ordinaria. E perciò richiede conversione.



