Che cos’è uno stupro? Sembra facile definirlo. Ma il lungo dibattito che ha portato al testo della direttiva europea per contrastare la violenza di genere, approvato il 6 febbraio, dimostra quanto difficile sia armonizzare le legislazioni dei 27 Paesi membri dell’Ue. Il punto di incontro, raggiunto in un trilogo (un negoziato informale che riunisce Parlamento Europeo, Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea e che mira a un accordo provvisorio su una proposta legislativa per accelerare l’iter di legislazione europea) e che porterà all'approvazione del testo definitivo in plenaria in aprile, non ha trovato l’intesa per includere l’articolo 5, quello che prevedeva la definizione di stupro come atto sessuale senza consenso. Perché sul punto i Paesi sono divisi. In alcuni, per esempio la Spagna, perché si contesti un reato di stupro basta l’assenza di consenso della vittima, in altri, tra cui l’Italia, occorre dimostrare che si sia esercitata una qualche forma di coercizione, di minaccia, di violenza.


IL FRONTE DEI CONTRARI A TUTTO

L’Italia, anche se la sua legislazione nazionale al momento è diversa, non aveva dato parere contrario alla definizione proposta inizialmente per la direttiva Ue, ma altri Paesi hanno dato voto contrario. Alcuni Paesi come Polonia, l’Ungheria, Repubblica Ceca hanno espresso voto contrario sull’intero testo ed era prevedibile perché la loro contrarietà si era manifestata anche riguardo alla ratifica della Convenzione di Istanbul del 2011 raggiunta faticosamente nell’Ue solo nel 2023, non all’unanimità, e che contiene la definizione di stupro come «rapporto sessuale senza consenso», specificando che il consenso deve essere dato «volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, sono contrari all’intero testo della direttiva.


QUAL È IL PROBLEMA CON L'ARTICOLO 5

Altri Paesi come Francia, Germania e Svezia hanno espresso dissenso solo riguardo all’articolo 5 e all’inclusione del reato di stupro in una direttiva in cui la commissione aveva fatto riferimento a un reato “europeo” come lo sfruttamento sessuale di donne e bambini, uno di quelli su cui l’Ue può legiferare perché commessi a livello internazionale. Diverso secondo i contrari sarebbe il caso dello stupro in quanto di competenza del diritto penale interno agli Stati. La Francia per esempio aveva manifestato, al proposito, la preoccupazione che l’inclusione dell’articolo 5 potesse portare successivamente i Paesi contrari ad annullare l’intera direttiva contestando un difetto di giurisdizione.


CONSENSO, DISSENSO, COERCIZIONE: DIVERSE LEGGI NAZIONALI

Quanto alle legislazioni nazionali nei singoli stati in Europa vigono tre diversi modelli di legislazione sulla violenza sessuale: il più restrittivo, modello spagnolo e danese, implica che un atto sessuale per essere definito consensuale richieda il consenso esplicito; uno più limitato in cui si richiede la manifestazione del dissenso perché si contesti una violenza, è il caso della Germania. Altri, ancora, i più, in cui un’aggressione sessuale per essere perseguita implichi una costrizione tramite violenza, minaccia, abuso di autorità. Tra questi ultimi ci sono la Francia e l’Italia.


GLI ALTRI PUNTI CHE FANNO DISCUTERE

A far discutere nella direttiva Ue non c’è solo la mancata ricezione della definizione di stupro basata sul consenso contenuta nella definizione della convenzione di Istanbul, ma anche l’eliminazione delle «molestie sessuali nel mondo del lavoro”, tema su cui si sono già mobilitati i sindacati italiani, e il fatto che nella diffusione di immagini intime non è riconosciuta come violenza in sé, ma è tale solo se la vittima può provare un grave danno. Non si cita più rispetto alla bozza la necessaria formazione di magistratura e forze dell’ordine in relazione al tema della violenza connotata dal genere.


A CHE COSA SERVE LA DIRETTIVA

​La legge già prevede l’incriminazione in tutta l'Ue per reati di: mutilazione genitale femminile, matrimonio forzato, condivisione non consensuale di immagini intime, stalking e molestie online, così come l'incitamento all'odio o alla violenza via internet. La direttiva introduce aggravanti come l'esercizio ripetuto della violenza contro le donne, la violenza contro persone vulnerabili o bambini e l'uso di livelli estremi di violenza. Tra gli scopi c’è anche garantire un più facile accesso alla giustizia per le vittime di violenza di genere e a fornire loro un livello adeguato di protezione e supporto specializzato. Gli Stati dovranno per esempio garantire che le donne possano denunciare attraverso canali semplici e accessibili.

 


CHE COSA SUCCEDE ORA ALLE LEGGI NAZIONALI
Va detto che la direttiva non vincola le leggi nazionali ad arretrare, ma è volta a definire lo standard minimo comune all’Unione. Nulla vieta ai singoli Paesi di andare oltre, tanto più che la stessa direttiva prevede una sorta di tagliando- Su richiesta del Parlamento, la Commissione riferirà, infatti, ogni cinque anni sull'opportunità di rivedere le norme. La stessa legislazione italiana ha trovato nella giurisprudenza un’applicazione di maggior tutela, nel senso che la Cassazione da tempo ha dato un’indicazione interpretativa che stabilisce che per definirsi consensuale un atto sessuale deve mantenere il consenso per «tutta la sua durata senza interruzioni né esitazioni».