La terza domenica di ottobre nella tradizione ambrosiana ha una intonazione particolare, celebra infatti la solennità della Dedicazione del Duomo, invitandoci a contemplare, attraverso il simbolo della sua cattedrale, il mistero della Chiesa, comunità dei credenti radunata dal Signore attorno al vescovo.
I testi biblici fanno riferimento alla città di Gerusalemme e in particolare al suo Tempio, segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo e luogo in cui celebrare il culto. La Gerusalemme nuova scenderà dal cielo e sarà «la tenda di Dio con gli uomini. Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro». Non si tratta dunque di esaltare un edificio, ma di riconoscere la bellezza di un progetto, di un desiderio da parte di Dio, quello di abitare in mezzo al suo popolo, di essere una presenza e insieme una certezza di familiarità e di prossimità, come di chi abita insieme nella stessa casa.
San Paolo scrivendo a Timoteo, a sua volta usa l’immagine della casa per sottolineare che ciascuno ha il suo compito, ciascuno nella casa di Dio è importante per quello che è. Il simbolo usato è quello dei diversi vasi che si trovano abitualmente nelle abitazioni, destinati a usi diversi e realizzati con materiali differenti: «In una grande casa però non ci sono solo vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli». La Chiesa del Signore è la casa di tutti, una grande casa, dove ciascuno ha il suo posto e il suo compito e dove colui che siede sulla “cattedra” della chiesa cattedrale, cioè il vescovo, presiede a questa comunione e sostiene la testimonianza della carità.
Proprio in riferimento a questo compito di testimonianza, l’evangelista Matteo ci ricorda un episodio particolarmente forte della vita di Gesù, quando cioè entrato nel Tempio di Gerusalemme il Signore scaccia i venditori e rovescia i tavoli dei cambiamonete, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un covo di ladri». Parole molto forti, come forti sono i gesti compiuti da Gesù, eppure si tratta anche in questo caso di una azione dal sapore profetico, che vuole ricordare a tutti che quel luogo era destinato a ben altro, cioè all’incontro con Dio, alla preghiera e che, come spesso accade, nello scorrere del tempo si corre il rischio di allontanarsi dal signicato autentico e dalle intenzioni originarie da cui si era partiti.
Subito dopo questo gesto forte, il Vangelo ci racconta che si avvicinano a Gesù ciechi e storpi, a cui era vietato accedere al tempio proprio per la loro condizione di malattia, per un malinteso senso di indegnità e impurità. Gesù li guarisce e al di là dello stupore suscitato da ciò che il Signore ha compiuto, ancora una volta questo segno intende lanciare un altro messaggio forte: nessuno è escluso dalla casa di Dio, nessuno è indegno. Tutti sono chiamati e tutti devono essere accolti e poter trovare il loro posto. La Chiesa dunque, non può che essere casa accogliente e segno di speranza per tutti.