In questa seconda domenica dopo Pentecoste il passo del vangelo di Matteo ci propone il Signore Gesù che insegna alle folle quanto sia estremo il comandamento dell’amore, il comandamento più grande che ci educa ad amare il nostro prossimo.
Vi è un errore di interpretazione alla base dell’atteggiamento scorretto tenuto dall’uomo: la Parola non ci chiede di amare il nostro prossimo ad esclusione del nemico che sarebbe da odiare; piuttosto l’amore che ci è testimoniato da Gesù e al quale siamo chiamati, non conosce confini e ci spinge ad amare ogni singolo fratello, amico o nemico. La categoria di prossimo non conosce selezione, non conosciamo il volto del prossimo finché non lo incontriamo e non sappiamo se sarà amico o nemico.
È davvero possibile arrivare a vivere appieno questo comandamento? Pregare per chi ci perseguita ed amare i nemici non è pura follia? Di certo è pura illogicità, ma l’amore è illogico, l’amore – quello vero – è strabordante e non segue i ragionamenti razionali e i freddi calcoli della mente. Solo guardando alla vita di Cristo e dei santi, abbiamo una testimonianza di questo amore senza confini, che nessuno esclude e a tutti si dona.
«Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? (…) E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?». Ma siamo certi di saper amare quelli che ci amano? Sappiamo davvero salutare sempre i nostri fratelli? Io sono convinto di no. Quante volte ci impegniamo a voler bene ai più lontani e poi non proviamo minimamente ad amare i familiari più stretti, quei parenti che magari abitano sopra o sotto di noi e che salutiamo con freddezza per qualche screzio di poco conto.
Iniziamo ad essere bravi peccatori! Sì, partiamo da questo livello-zero: lo stato di chi ama colui da cui è amato. Incominciamo ad allenarci al comandamento dell’amore nei confronti dei vicini, per essere capaci di ampliare sempre più il nostro raggio di affetto. Raggiungere la perfezione del Padre nostro celeste forse è impossibile, ma la direzione del nostro cammino deve tendere a quello. Non basteranno i giorni che ci sono concessi su questa terra? Non importa, la cosa che conta è non sedersi lungo il cammino, accontenandosi di un amore che fa la selezione all’ingresso, che decide chi lo merita e chi no, quasi riconoscendo lo stato di figli di Dio, quindi fratelli, solo ai più bravi, a quelli che si impegnano di più o, semplicemente, ci stanno più simpatici perché la pensano come noi.
L’illogicità del vero amore è ciò che permette anche a noi di essere salvati per primi, redenti da un Dio che ci ama non perché lo meritiamo, non perché siamo perfetti, ma per dono assoluto che precede ogni nostra azione. La sfida dell’amore ci sprona ad andare oltre ogni meritocrazia, a vivere il dono gratuito di sé, a riconoscere la presenza di tracce del volto di Gesù in ogni uomo. Iniziamo ad essere bravi peccatori! Perché ogni cammino parte da un primo passo.