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sabato 12 luglio 2025
 

Domenica 15 Giugno 2025 - Santissima Trinità Solennità

Il celebre racconto dell’apparizione del Signore ad Abramo presso le querce di Mamre apre il trittico di letture della Solennità della Santissima Trinità. L’episodio appare come la prosecuzione del racconto della circoncisione del patriarca che ha coperto il capitolo precedente. In esso, Jahvé e Abramo hanno siglato un patto di alleanza perenne che quest’ultimo porterà per sempre nella propria carne. A segnare ulteriormente il vincolo di amicizia, Jahvé dà al proprio eletto un nome nuovo – «Avraham», cioè «padre di una moltitudine » – che è esso stesso vocazione, promessa e alleanza.

Quello a cui i tre uomini vanno incontro mentre attende sulla soglia della propria tenda è dunque un uomo che porta nella propria carne una ferita, ma anche uno a cui il Signore ha insegnato a chiamare con un nome nuovo la propria moglie. Non dovrà più chiamarla Saray – cioè «miei principi», un nome che sa di sottomissione a un potere tutto maschile – ma Sarah, cioè «principessa», riconoscendole dignità piena e massimo rispetto. Abramo è dunque invitato dal Signore, tanto con la ferita che segnala un limite, quanto attraverso un nuova modalità di rapporto con la moglie, a divenire un uomo che si relaziona non per aff ermare se stesso ma per essere spazio ospitale per gli altri.

Non ci si stupisce dunque di trovarlo sulla soglia della tenda pronto a proiettarsi verso chi potrà farsi incontro. Tant’e che, non appena Abramo vede tre uomini fermarsi a una certa distanza dalla sua tenda, subito corre loro incontro off rendo la propria ospitalità con un’enfasi sorprendente. La sua accoglienza è sollecita, premurosa e particolarmente generosa. Un atteggiamento indubbiamente generativo, aperto alla vita e dunque fecondo.

L’ospitalità di Abramo attesta come l’alleanza con il suo Signore non consista in un atto formale ma nella condivisione di un modo di essere di fronte all’altro. Il Dio che chiama Abramo è il Dio ospitale che fa spazio alla vita altrui. Ragion per cui, l’episodio non può che concludersi con l’annuncio della nascita del fi glio tanto atteso dai due.

Troviamo un riflesso significativo di tutto questo anche nel brano evangelico tratto dai discorsi dell’ultima Cena nel Vangelo di Giovanni. Gesù, annunciata la propria partenza, anticipa ai suoi in che cosa consisterà l’essere discepoli una volta concluso il suo cammino terreno. L’esperienza che hanno condiviso fi no a quel momento è stata caratterizzata da una profonda comunione e lo stesso sarà anche dopo la sua salita al Cielo. L’atteggiamento chiave sarà l’accoglienza. Dovranno saper ospitare gli insegnamenti di Gesù. Chi lo farà, vivrà l’esperienza di essere ospitato dal Padre e dal Figlio, come chi vive in una dimora comune.

Sarà lo Spirito il protagonista di questo movimento di reciproca ospitalità: il Paraclito manterrà viva la memoria di Gesù nei cuori dei discepoli, così che possano costantemente accoglierle e farle proprie. L’ospitalità che Padre, Figlio e Spirito si riservano gli uni gli altri diventa «casa» anche per il discepolo del Vangelo.


12 giugno 2025

 
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