La dedicazione della cattedrale – che per la diocesi ambrosiana è il Duomo di Milano – ci riporta all’antica celebrazione della purificazione del tempio di Gerusalemme, nella quale è ambientata la pagina del Vangelo: «Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno». Questa festa, in ebraico Hanukkah, di cui si narra l’istituzione nel Primo libro dei Maccabei, era sorta nel 164 a.C. per ricordare come i pii ebrei riconquistarono il tempio, profanato dai Greci quando Antioco Epifane volle imporre l’adorazione di un’altra divinità.
La frase «Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone» è importante non solo per l’ambientazione storico-geografica (riguardante la parte orientale del tempio, verso il Monte degli ulivi), ma soprattutto perché tiene insieme la figura del figlio di Davide, cioè il costruttore del primo tempio (quello, appunto salomonico), e Gesù, anch’egli discendente di Davide. Subito dopo, ecco la domanda delle autorità religiose del tempo: egli sarà il Cristo? Gesù risponde che ha già mostrato di essere il Messia d’Israele non tanto con le parole, ma soprattutto con le opere, che «danno testimonianza» di lui. Questi segni, però, non sembrano sufficienti per credere, non tanto perché non siano evidenti, ma perché coloro a cui Gesù si rivolge – dice lo stesso Signore – non sono parte del suo gregge. Ecco che ritorna il tema di Davide, la cui unzione avvenne proprio mentre era al pascolo di un gregge (cfr. 1Samuele 16): come egli venne eletto re di Israele per dare pace e prosperità al suo popolo, così Gesù vuole proteggere le proprie pecore e dare loro la vita eterna.
Celebrare la memoria della chiesa cattedrale è, allora, un’occasione preziosa per riflettere sulla propria appartenenza a una comunità, cioè – nel linguaggio biblico – a un «gregge» custodito e amato da Dio, oppure, per utilizzare l’espressione della Prima lettera ai Corinzi, una comunità che è «edificio di Dio». Non è facile, oggi, aderire consapevolmente alla Chiesa e prenderne parte attivamente: qualche decennio fa, al contrario, il contesto sociale e familiare rendevano quasi automatico partecipare alle celebrazioni liturgiche, ricevere i sacramenti, nascere e morire cristianamente. Soprattutto, si è persa la coscienza di essere inseriti non tanto in una costruzione di “mattoni” (un gruppo), quanto in un edificio spirituale: «Non sapete che siete tempio di Dio?» domanda l’Apostolo alla comunità di Corinto.
Oggi si apre per tutti i fedeli della nostra Chiesa un impegnativo cammino sinodale, voluto da papa Francesco e dai nostri vescovi. Si tratterà di mostrare come la comunità cristiana sia ancora capace di essere generativa, cioè madre di tutti i suoi figli, in grado di accoglierli, sostenerli, aiutarli, guidarli, proprio come un pastore fa con il suo gregge. È una sfida grandissima, che possiamo accettare solo se ricordiamo che a guidare la Chiesa è Cristo stesso, è colui che ha ricevuto dal Padre – leggiamo oggi – il compito di impedire che nessuno ci strappi mai dalla sua mano.