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sabato 26 aprile 2025
 

Domenica 19 giugno 2022 - II Domenica dopo Pentecoste

Dalla solennità di Pentecoste in avanti la liturgia domenicale ambrosiana inizia a seguire un suo particolare tracciato, «ripercorrendo nelle celebrazioni eucaristiche alcuni eventi fondamentali della storia della salvezza, dal “principio” (cf. Genesi 1,1) alla “fine”, ossia dalla creazione divina dell’universo alla signoria di Cristo su di esso» (F. Manzi).
Il Vangelo, dal racconto di Matteo, ci presenta l’accorato invito di Gesù a contemplare la creazione. Siamo all’interno del Discorso della montagna, il primo discorso di Gesù che prende lo spazio dei capitoli da cinque a sette. Nei versetti proposti oggi dal lezionario, per sei volte ricorre il verbo «affannarsi».
Attenzione: Gesù non sta invitando i discepoli a tralasciare gli impegni quotidiani necessari per la sopravvivenza: il problema è la modalità con cui sono vissuti, con quell’atteggiamento che oggi chiameremmo “ansia”, che è legato al timore, al nervosismo, alle preoccupazioni, alla tensione, ecc.
Gesù dice che i sentimenti – soprattutto se negativi e dannosi – si devono controllare, perché se questo non accade, e si assommano le ansie del giorno presente a quelle del domani (cfr. 6,34), il peso che ne risulta è insopportabile. Il rimedio proposto da Gesù per arginare l’ansia è dato da una cura in due tempi: anzitutto bisogna «osservare» (6,26.28) la creazione che ognuno può trovare intorno a sé, e che ordinariamente è nascosta in realtà piccole (come i fiori del campo o gli uccelli del cielo); fatto questo, si potrà cercare il regno di Dio e quanto è giusto secondo la sua logica (6,33).
Ecco allora che il richiamo agli uccelli del cielo, o ai fiori del campo, è fondamentale, in quanto segno della creazione «buona» (Genesi 1) che è un dono di Dio, e che possiamo contemplare nel libro del Siracide, la prima lettura di questa domenica. È Dio che – scrive l’autore di questo libro – ha creato l’universo: esso non è originato dal caso, ma proviene da un suo atto di volontà benefica.
Della creazione parla anche l’apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani, sottolineandone però le sue caratteristiche di caducità. La creazione geme e soffre come una partoriente, come a dire che il mondo così come lo conosciamo non è compiuto, perché si trova ancora in una situazione di squilibrio. Da qui non ne viene però una visione negativa, perché c’è una speranza, quella che la creazione sia liberata da questa corruzione, la stessa che anche gli uomini sperimentano.
Se la creazione è stata data ad Adamo perché la custodisse come un giardino, il luogo in cui l’uomo è destinato a vivere sarà ben più bello: di questo, però, come scrive ancora l’autore del libro del Siracide, sappiamo poco, perché «a nessuno è possibile svelare le opere di Dio».
La speranza di un mondo futuro migliore, però, non ci deve far tralasciare l’impegno per rendere abitabile quello in cui viviamo adesso, e anzi ci impegna a custodire la creazione, come la dottrina sociale della Chiesa ci insegna, e con essa papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si’.


19 giugno 2022

 
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