Gli incontri con il Risorto e l’episodio della sua ascensione al cielo fanno da ponte tra le due parti dell’opera di Luca, il Vangelo e gli Atti, e precedono il racconto della discesa dello Spirito sugli Apostoli, che ascoltiamo nelle celebrazioni di Pentecoste.
In quelle circostanze, i discepoli hanno mantenuto un comportamento ancora contraddittorio, segnato dal dubbio e dall’incredulità, dimostrando anche di non aver capito del tutto quale fosse la portata e la qualità del regno di Dio che Gesù aveva così a lungo annunciato. Sono uomini fragili, disorientati e impauriti quelli a cui viene affidata la diffusione del Vangelo e a cui viene fatto dono dello Spirito di Pentecoste. Il racconto è segnato da elementi prodigiosi – il grande frastuono e le «lingue di fuoco» – che segnalano il carattere divino dell’evento e che contengono un dettaglio interessante: l’espressione «lingue di fuoco» è la medesima con cui poi si dice che si esprimevano in «molte lingue». Luca sembra dire che lo Spirito ha a che fare con l’esprimersi e con l’entrare in comunicazione con gli altri. Ma linguaggio è anche la possibilità di interpretare la realtà, comprenderla ed elaborarla assumendone la responsabilità.
Gli Apostoli iniziano a comunicare in modo nuovo, con canali e modalità che prima non sapevano né potevano usare. È da notare che gli Apostoli parlano inizialmente tra di loro in lingue diverse e solo poi anche con altra gente; dunque, il dono non è solo in funzione alla missione. Lo Spirito spinge a ripensare e rinnovare le relazioni anche all’interno del gruppo consolidato degli apostoli.
Il fatto che ciascuno parli una lingua diversa sembrerebbe la situazione peggiore per capirsi, ma per lo Spirito la maggior varietà è la condizione della miglior comunicazione e condivisione. Dunque, l’esperienza della comunione non pare accadere attraverso la scoperta di un denominatore comune, piuttosto attraverso «l’esprimersi» di ciascuno. Potere esprimere se stessi, essere ciò che si è, esternare la propria unicità è la condizione della comunione. La forza dello Spirito è anzitutto a servizio della persona perché possa procedere con coraggio nella via della scoperta di sé, ma si manifesta anche in tutto ciò che crea le condizioni perché ciascuno possa lasciare emergere il proprio sé più autentico. È così che apre la strada alla comunione.
La stessa testimonianza che gli Apostoli dovranno offrire non potrà che essere pensata nella medesima prospettiva: pur annunciando la parola e le opere di un Altro, necessariamente dovranno farlo intrecciandole con le peculiarità di ciascuno di loro. Dopo il grande rombo e il parlare in lingue tra gli Apostoli, ecco arrivare le folle. È curioso che, mentre avrebbero dovuto essere loro ad andare alle genti, sono le genti a raggiungerli.
Gli Apostoli appaiono sopra le righe a chi li vede da fuori. Ma non è forse parte dell’esperienza di fede anche questo? In fondo il Vangelo di Gesù è uno slancio di Bene che non teme di prendere i toni dell’eccesso e non si vergogna di sembrare un’esagerazione.