Il percorso che il lezionario ci invita a fare dopo Pasqua è quello di uno sguardo retrospettivo, nel quale si inserisce anche il brano tratto dal lungo discorso di Gesù nell’ultima Cena, secondo il vangelo di Giovanni. La risurrezione conferisce una nuova luce a quello che è un vero e proprio discorso d’addio, che contiene la preghiera per i discepoli.
Ma anche la lettura dal libro degli Atti riporta un discorso d’addio, perché quanto Stefano pronuncia davanti al sinedrio sono le sue ultime parole prima di essere lapidato. Lo sguardo del primo martire è al passato, e riprende tutta la storia di Israele fino alla comparsa di Gesù, da Abramo fino ai figli di Giacobbe (vv. 28), Giuseppe (vv. 916), Mosè (vv. 1743), la tenda e il tempio da Davide a Salomone (vv. 4450). Tutto il discorso tende a dimostrare – scriveva C.M. Martini nel suo commentario ad Atti – che «anche il tempio ha una funzione relativa e dispensabile rispetto al culto divino, e che si è avuto il culto del vero Dio anche prima dell’esistenza del tempio». La conclusione del discorso di Stefano è che quelli che hanno causato la morte del giusto Gesù non hanno osservato la Legge di Dio (v. 53). Queste sue parole costeranno la vita al discepolo del Signore che – come Gesù sulla croce, secondo il Vangelo composto dallo stesso autore degli Atti degli Apostoli, Luca (cfr. 23,34: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno») – perdonerà i suoi correligionari prima di morire, dicendo «Signore, non imputare loro questo peccato» (Atti 7,60).
L’ultimo discorso di Gesù, secondo il vangelo di Giovanni, ha luogo durante la sua cena, e prende lo spazio dei capitoli 1317, cosicché la pagina proclamata oggi è quella conclusione che si può definire “la preghiera di Gesù”, che prende tutto il capitolo diciassettesimo. La continuazione del Vangelo odierno, ricordiamo, si leggerà nella domenica dopo l’Ascensione, il prossimo 16 maggio. Gesù dice che è giunta la sua “ora”, una parola che nel lessico giovanneo ricorre ventisei volte, e designa nel suo Vangelo un particolare periodo della vita di Gesù. Mentre alla madre – che a Cana gli diceva che era finito il vino – Gesù rispondeva «Non è ancora giunta la mia ora» (2,4), e più avanti, Gesù annunciava «Viene un’ora…» (4,21.23; 5,25.28; 16,2; ecc.), ora Gesù afferma, usando per l’ultima volta tale espressione, che la sua morte è imminente. Subito dopo la conclusione del suo discorso, Gesù viene consegnato da Giuda e arrestato.
In queste sue parole il Signore mostra di avere piena consapevolezza di quanto sta per accadere, sa che l’ora della sua morte è prossima, e prega per i suoi discepoli. Come Giacobbe, le cui ultime parole sono una benedizione per i suoi dodici gli (Genesi 49), o come Mosè, che nel suo ultimo discorso raccomanderà a Israele di essere fedeli a Dio e osservare la Legge, Gesù sa che sta lasciando i suoi, e li affida al Padre.
Su questa sua efficace preghiera, tutti possiamo ancora fare affidamento.