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lunedì 09 settembre 2024
 

Domenica 20 giugno - IV Domenica dopo Pentecoste

La parabola del banchetto di nozze è l’ultima di tre parabole rivolte ai sommi sacerdoti e agli anziani da Gesù, che, giunto ormai a Gerusalemme, viene contestato dalle autorità religiose locali. Racconta principalmente degli invitati al matrimonio del figlio del re che rifiutano di partecipare alla festa, ma ha anche una specie di appendice: il racconto ha una prima conclusione al v. 10, quando inizia la festa, alla quale partecipano solo alcuni che sono stati presi dalla strada. Al v. 11, al comparire del re, però, la storia prende un’altra via e si concentra su un singolo uomo, che non ha l’abito nuziale adatto. La conclusione, al v. 14, serve a tutte e due le storie. La chiave per la parabola è stata trovata da tempo: il re rappresenta Dio, suo figlio è Gesù, la festa per il matrimonio rappresenta il banchetto finale a cui Israele è invitato, e i servi inviati due volte sono i messaggeri di Dio. L’uccisione degli inviati rappresenta il martirio dei profeti e di Gesù, e la terza missione dei servi è la missione della Chiesa, nella quale bene e male si confronteranno fino alla fine dei tempi. Bisogna ora specificare due cose. La prima è che non tutto Israele rifiuta l’invito alle nozze: si deve ribadire che Gesù sta parlando ai leader e dei leader di quel popolo. Lo si capisce dall’introduzione a questa parabola e alle due precedenti (Matteo 21,23), e soprattutto dalla conclusione: «Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta» (21,45-46). La seconda è che Dio sa volgere in bene anche il rifiuto. Paradossalmente, se alcuni non hanno voluto prendere parte alla festa, altri vengono invitati. Quelli che sono presi dai crocicchi delle strade, cattivi e buoni – e tra i quali possiamo considerarci anche noi – sono, nell’intenzione della parabola, i pagani. L’apostolo Paolo è uno dei rappresentanti di questa tensione tra rifiuto di parte di Israele e annuncio ai pagani: «A causa della caduta [degli israeliti] la salvezza è giunta alle genti» (Romani 11,11). In questo modo il Vangelo, sperimentando il rifiuto di alcuni, è stato annunciato a tutti. È il mistero dell’insistenza e della misericordia di Dio, che non si ferma davanti a nessun ostacolo, non dimentica Israele e nemmeno nessun altro popolo. È lo stesso Dio buono – di cui leggiamo nel libro della Genesi – che accoglie la preghiera e l’intercessione di Abramo anche per gli ingiusti. Tornando alla parabola, si deve chiarire che se essa aveva un preciso significato quando Gesù la raccontava ai suoi correligionari, ora parla a noi. Dobbiamo stare attenti ad attribuire le responsabilità sempre agli “altri” (quelli che hanno rifiutato l’invito), evitando di lasciarci interpellare dal fatto che la possibilità di non entrare alla festa o non avere l’abito nuziale è per tutti. E poi, chissà quante volte anche noi abbiamo rifiutato gli inviti di Dio. Quante volte a chiamate piccole, o grandi, abbiamo detto i nostri “no”.


17 giugno 2021

 
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