Questa domenica la liturgia della Parola ci presenta l’episodio dei discepoli di Emmaus, un passo molto noto, ricco di particolari e che rischiamo di leggere in maniera superficiale solo perché conosciamo i fatti narrati.
Il primo dettaglio che deve destare la nostra attenzione è l’incapacità di riconoscere il Signore da parte dei suoi discepoli, il Risorto si affianca a loro e discute con loro senza che essi si rendano conto con chi stessero dialogando. Non basta conoscere il Signore, seguirlo ed aver ascoltato la sua parola, per renderci sempre conto della sua presenza accanto a noi. Tutto questo può accadere quando non siamo abbastanza aperti per accogliere il suo operare che non coincide con le nostre aspettative. Rinnoviamo la nostra totale fiducia in Lui senza porre condizioni o applicare schemi sul Suo progetto.
Nel dialogo iniziale tra i discepoli e Gesù, comprendiamo come non siano bastate le testimonianze delle donne e di alcuni dei loro compagni andati al sepolcro per suscitare in loro la fede nella risurrezione di Cristo. Nonostante i tanti particolari narrati dalle prime e confermati dai secondi, il dubbio riguardo la vittoria sulla morte da parte di Gesù resta vivo. Vi è la necessità di fare un’esperienza personale, di vivere un incontro con il Risorto, per credere totalmente in Lui. Per questo motivo non basta la pur doverosa testimonianza dei fedeli per far sì che le nuove generazioni si leghino al Signore, scelgano di investire nella fede, di viverla e di credere. Per ciascuno di noi esiste un momento nel quale l’amore del Signore ha smesso di essere semplicemente raccontato, ma ha toccato la nostra persona ed è diventato pienamente concreto. È utile fermarsi per ripensare a quando abbiamo vissuto quel particolare momento, come ci siamo sentiti, la forza del Suo essere presente. E custodire tutte queste emozioni per rafforzare il nostro cammino nei momenti in cui siamo distratti e non riconosciamo più la vicinanza del Risorto.
Solo nel momento conviviale della condivisione del pane si spalancano gli occhi dei discepoli, nei gesti che fanno memoria del dono d’amore più grande che la storia ha conosciuto si rivela Gesù, si toglie il velo e si mostra l’identità di Dio. Nel momento in cui i discepoli hanno finalmente riconosciuto il Signore, non è più necessario che Lui resti con loro nella sua manifestazione visibile, una volta che attraverso la fede riconosciamo il Risorto abbiamo la certezza che Lui è sempre accanto a noi, che la promessa fatta a noi si è realizzata e che la morte è stata sconfitta. «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». A posteriori si ha la capacità di riconoscere quello che si provava, la gioia nel cuore e il delicato agire del Signore. Egli opera nella nostra vita prima che abbiamo la capacità di riconoscere i suoi gesti, la fede ci permette di aprire il cuore e lo sguardo per avere consapevolezza della sua presenza, della sua cura e attenzione costante per ciascuno dei suoi figli. Diciamo il nostro «Sì, Signore, io credo» per scoprire la bellezza del calore del nostro cuore che arde.