I figli del Regno
Mentre per la prima domenica di Avvento abbiamo ascoltato le parole di Gesù, più precisamente l’inizio del suo “discorso escatologico” (il discorso sugli ultimi tempi), per la seconda il lezionario ci chiede di fare attenzione alle parole di due profeti: Isaia e Giovanni Battista. Queste voci si incrociano, al punto che l’arrivo sulla scena di Giovanni viene compreso dall’evangelista Marco come la realizzazione di quello che Isaia aveva annunciato a proposito della liberazione di Israele dall’esilio babilonese. Il luogo in cui compare Giovanni è il deserto. Si tratta di un luogo teologico, ma c’è un articolo determinativo che forse vuole dare un’idea anche di un luogo preciso, magari vicino al Mar Morto, a poca distanza da Gerico, cioè da dove, come si leggeva nel Secondo Libro dei Re (2,5ss.), Elia era salito al cielo, e dove – si credeva – sarebbe tornato. Il ritratto di Giovanni, almeno nella descrizione dell’abbigliamento, richiama infatti quello di Elia. Marco in verità non riferisce solo le parole di Isaia che invitano a preparare la via: aggiunge anche un’altra profezia, «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero…», che però è del profeta Malachia (3,1). Ad alcuni copisti antichi, imbarazzati, non doveva sfuggire il problema, tanto che hanno cambiato il testo di Marco da «Come sta scritto nel profeta Isaia» in «Come sta scritto nei profeti». In ogni caso, queste due profezie combinate insieme, e che si riferiscono tutte e due a Giovanni, servivano all’evangelista per porre una domanda: se il Battista è il messaggero, allora chi è Gesù? La risposta verrà dal seguito del racconto, in particolare attraverso l’episodio che segue quello della presentazione del Battista, e cioè il battesimo di Gesù, quando una voce dal cielo dirà che egli è il Figlio amato in modo speciale (Marco 1,11). Ecco che comprendiamo perché la tradizione evangelica si interessava così tanto a Giovanni, al punto da fare iniziare i Vangeli con la sua missione: egli è quella voce che prepara la venuta di uno più grande di lui, Gesù, la Parola del Padre che avrebbe parlato e battezzato con la forza dello Spirito (Marco 1,8). Le parole pronunciate da Giovanni sono ancora attuali, non solo perché annunciano la conversione per il perdono dai peccati, ma anche perché sono confermate e rese credibili da una vita autentica: il Battista vive in modo essenziale, e senza alcuna forma di narcisismo è tutto proteso verso chi lui non conosce ancora, ma che già riconosce come più forte di lui. Come Giovanni, che non guarda a se stesso ma chiede di fissare lo sguardo sul Messia, così nella lettera agli Efesini l’Apostolo Paolo dice di considerarsi «l’ultimo», al quale – come al Battista – è stata però concessa la grazia di annunciare Cristo. Da loro impariamo anche noi a non guardare tanto a noi stessi, ma ad aprirci agli altri e all’Altro, e soprattutto impariamo a cercare, magari anche lì dove viviamo, un nostro piccolo “deserto” dove non risuoni solo la nostra voce, ma quella dell’unica Parola che salva.