In questa domenica che precede la festa dell’Ascensione la pagina del vangelo di Giovanni è ancora un estratto del discorso d’addio di Gesù durante la sua ultima Cena.
Come ogni addio, anche quello di Gesù ai discepoli sembra non trovare il tempo sufficiente o le giuste condizioni per esprimersi fino in fondo, o dire quello che si vorrebbe. Ma ecco che entra in gioco lo Spirito di verità. Dice Gesù rivolgendosi ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (16,12-13).
In questo modo, con il riferimento allo «Spirito della verità», il lezionario ci permette di fare un salto in avanti, fino a quando la Chiesa celebrerà, con la Pentecoste, il compimento della promessa di Gesù a riguardo del dono dello Spirito.
Quello Spirito è lo stesso Spirito che darà alla comunità primitiva e ai suoi scribi e autori sacri – come quello della Lettera agli Ebrei, da cui si legge oggi una pagina – la possibilità di scrutare più in profondità il mistero di Cristo Gesù.
In questo scritto, che probabilmente nasce come un’omelia composta per l’anniversario della distruzione del tempio di Gerusalemme, si sottolinea una caratteristica di Gesù che non si trova nei Vangeli, per i quali Gesù «nacque come ebreo laico, condusse il suo ministero come ebreo laico e morì come ebreo laico» (J.P. Meier). Lo stesso si dice nella Lettera agli Ebrei: «È noto che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio» (7,14).
Lo Spirito Santo ha permesso all’anonimo autore di questa lettera di riconoscere in Gesù l’unico e vero sacerdote; per far questo però ha dovuto ricorrere non al sacerdozio della dinastia di Levi (dal quale veniva Aronne), ma a un’altra tipologia di sacerdozio, che risaliva alla misteriosa figura del re Melchisedek. Lo Spirito, dunque, non solo ha assistito i cristiani della prima generazione, ma anche quelli che sono venuti dopo! Lo stesso Spirito guida ancora oggi la Chiesa, e dona a tutti la capacità di conoscere meglio il Signore.
Torniamo alla Lettera agli Ebrei. In essa sono attribuiti a Gesù dei tratti originali: il suo sacerdozio non è destinato a finire («non tramonta»), ma è un sacerdozio «santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli».
Con la tragedia nazionale della distruzione di Gerusalemme e del tempio, a cui accennavamo, allora, non tutto è perduto: il perdono dei peccati di Israele – che prima avveniva tramite i riti all’altare dei sacrifici e nel Santo dei Santi – ora ha luogo grazie alla mediazione del sommo sacerdote Gesù, che è entrato nel punto più sacro del tempio. Lui, che, come laico, non l’aveva mai oltrepassata, ha varcato quella soglia con la sua croce.
Risorto, può ancora intercedere per tutti noi, e offrirci una speranza di liberazione dai peccati e dalla morte.