Oggi si celebra in tutta la Chiesa la Domenica della Parola di Dio. Voluta da papa Francesco ogni anno alla III Domenica del Tempo Ordinario (per la Chiesa ambrosiana, III Domenica dopo l’Epifania), rammenta a tutti, pastori e fedeli, l’importanza e il valore della Sacra Scrittura per la vita cristiana, come pure il rapporto tra Parola di Dio e liturgia. Si tratta di un’occasione da non perdere per apprezzare il grande dono che Dio ha fatto al suo popolo, Israele, prima, e alla Chiesa, poi, della sua Parola. Da questa prospettiva commentiamo la lettura del Primo Testamento, dal libro dei Numeri, e la pagina evangelica della cosiddetta “moltiplicazione dei pani e dei pesci”. Il racconto degli esploratori che tornano dalla Terra promessa con tanti frutti, tra i quali un tralcio di grappolo d’uva talmente grande da essere portato da due persone con una stanga, è stato interpretato dai Padri della Chiesa come simbolo dell’unità dei due Testamenti. Se quell’asta viene vista come il legno della croce di Cristo, i due portatori-esploratori sono stati immaginati da Evagrio Pontico (nel 430 circa) e san Massimo di Torino (V secolo) come Israele e la Chiesa. Il teologo e vescovo Bruno Forte ha osservato che chi precede guarda davanti a sé, e sarebbe perciò figura d’Israele; chi viene dietro vede, invece, colui che gli sta davanti e l’orizzonte da questi abbracciato attraverso il grappolo appeso al legno, ed è perciò figura della Chiesa. In Gesù crocifisso, che unisce i due esploratori, c’è per i cristiani la chiave di lettura sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Tutte e due le parti della Scrittura, dunque, sono il nutrimento che viene dato a chi ha fame di frutti buoni, e ogni volta che viene celebrata la liturgia della Parola, questi frutti possono essere gustati da tutti i fedeli. La pagina del Vangelo ci aiuta a cogliere un’idea simile. Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci dice la cura di Gesù per il suo popolo, il modo in cui il Messia provvede ai poveri e agli affamati. Ma in questo miracolo sono nascosti un rischio e una tentazione, la stessa che viene presentata all’inizio del ministero pubblico di Gesù, quando – messo alla prova da Satana – risponde: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Matteo 4,4). Il racconto della moltiplicazione nella versione di Giovanni esplicita il rischio di nutrirsi di solo pane, quando Gesù ammonisce le folle con queste parole: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo» (6,26-27). Qual è il cibo che rimane per la vita eterna? È la stessa vita che Gesù donerà quando verrà innalzato sulla croce, ed è la Parola di vita che il Signore ha consegnato ai suoi discepoli e ora viene trasmessa a noi, in ogni celebrazione eucaristica.