Questa domenica precede di un giorno la festa della “passione” o “decollazione” di san Giovanni Battista, celebrata il 29 agosto in memoria dell’antica dedicazione di una chiesa in Samaria, a Sebaste, nella quale per secoli si conservarono le reliquie del Precursore.
Come don Franco Manzi ha osservato nel suo commento al Lezionario ambrosiano festivo (Il filo rosso del Lezionario, Ancora 2009), la memoria del martirio di Giovanni è una colonna portante, sulla quale si è poggiato quell’arco celebrativo che oramai si conclude, e che era iniziato con la festa della Trinità; dalla festa di san Giovanni si estende un altro arco, che si prolunga fino alla terza domenica di ottobre, quando si celebrerà la Dedicazione del Duomo di Milano.
Le letture di questa domenica chiudono, pertanto, il panorama di quella storia della salvezza che è stata finora ripercorso mediante le pagine dell’Antico Testamento, sino alla memoria del martirio dell’ultimo dei profeti di quel tempo. Da domenica prossima, come vedremo, il Lezionario avrà una svolta.
Non ci deve stupisce, allora, se oggi leggiamo una pagina dal Secondo libro dei Maccabei, che si può interpretare a partire dal ritornello al Salmo: «Nella tua legge, Signore, è tutta la mia gioia».
Nel II secolo a.C. gli ebrei della Giudea furono sottoposti a un’enorme pressione causata dalla violenta politica dei Seleucidi, sovrani ellenisti che avevano preso il potere dopo la morte di Alessandro Magno. Questi non solo avevano tentato di approfittare delle ricchezze del tempio di Gerusalemme, ma anche di ellenizzare la città santa, attirando i giovani a vivere al modo greco, così che rinnegassero la propria cultura e religione ebraica.
Nel brano che stiamo leggendo si racconta della persecuzione religiosa sotto un re seleucide particolarmente odiato, Antico IV, che si faceva chiamare “Dio rivelato” (Epifane). I Maccabei resistettero prendendo le armi, ma molti martiri diedero la vita per continuare a osservare la Legge di Dio, quando addirittura vennero proibite l’osservanza del sabato e la celebrazione delle feste giudaiche. Tra questi martiri emerge Eleazaro, uno scriba anziano che piuttosto di mangiare carne suina preferì morire. A noi può sembrare esagerato perdere la vita in questo modo, ma in gioco c’era lo scandalo che quell’uomo avrebbe dato ai giovani.
Ecco perché la pagina del Vangelo riporta l’invito di Gesù, tratto dal suo discorso “ecclesiale”, a non scandalizzare i «piccoli». Se è vero che la piaga della pedofilia – anche nella Chiesa – ha fatto male a tanti innocenti, rovinando la vita di tanti bambini, qui Gesù non si sta riferendo ai minori da tutelare, ma a coloro che nella comunità ecclesiale sono i più deboli e possono perdere la fede a causa di atteggiamenti sbagliati dei membri della Chiesa. Scandalizzare questi discepoli più fragili significa «porre un inciampo nel cammino di fede dei piccoli, distogliere dal discepolato» (N. Gatti), ed è per questo che dobbiamo sentirci responsabili non solo della nostra fede, ma anche di quella degli altri.




