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mercoledì 25 giugno 2025
 

Domenica 31 luglio 2022 - VIII dopo Pentecoste

Due regalità sono messe a confronto nel lezionario di oggi. La prima è quella scelta liberamente dalle tribù di Israele, che chiedono un re che potesse essere un segno di unità; la seconda è quella dell’imperatore di Roma, a cui anche gli ebrei erano soggetti al tempo di Gesù.
Il Signore è da poco arrivato a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, e da subito viene sottoposto a diverse domande da parte dei movimenti religiosi presenti nella città santa. Quella riportata nel brano di oggi riguarda una delicatissima questione politica.
La tassa da pagare a Cesare era il census che i cittadini adulti di Giudea, Samaria e Idumea dovevano all’imperatore a partire dal 6 d.C. come riconoscimento della sua sovranità. Il tributo dunque non era opzionale, ma obbligatorio, si versava con una moneta speciale che recava l’immagine di Cesare, e forse per questo nella domanda degli interlocutori poteva esserci qualche tranello anche sull’interpretazione del precetto della Torà sul non fare immagini d’uomo o di qualsiasi altro essere (cfr. Esodo 20,4).
Il problema principale però era la terra d’Israele: se Gesù avesse risposto che era lecito pagare il tributo, avrebbe riconosciuto la sovranità di Roma sui territori occupati, e si sarebbe allineato con gli erodiani; se avesse risposto che non si deve pagare la tassa, sarebbero stati i romani, questa volta, a considerarlo un ribelle, alla stregua di Giuda il Galileo, che nel 6 d.C. aveva fatto scoppiare la rivolta contro Roma per quella tassa: «Un galileo di nome Giuda spinse gli abitanti alla ribellione, colmandoli di ingiurie se avessero continuato a pagare il tributo ai romani e ad avere, oltre dio, padroni mortali» (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica).
Gesù non può sottrarsi dal rispondere, ma lo fa applicando una logica paradossale – come quella delle Beatitudini – che agisce in due tempi: innanzitutto costringe a esporsi quelli che obbligavano Lui a farlo, domandando loro di mostrargli la moneta del censo; poi, pronuncia una frase lapidaria, con quelle che diventeranno tra le sue parole più note.
Gesù sostiene che la tassa deve essere pagata (ogni moneta coniata da Roma era proprietà di Roma), perché «l’obbedienza a Cesare, in materia di governo e di amministrazione civile, è di per se stessa obbedienza anche a Dio; ma in tutti quegli ambiti in cui Dio ha fatto conoscere la propria volontà, cioè nella Torà, si deve obbedire a Dio piuttosto che a Cesare» (A. Mello). Gesù non è un rivoluzionario, come gli zeloti del suo tempo, ma non possiamo nemmeno pensare che fosse indifferente all’occupazione militare romana della Terra d’Israele.
La risposta di Gesù deve servire come sistema di orientamento per la vita del cristiano che vive in una società: «Pagare le tasse è un dovere dei cittadini, come anche l’osservanza delle leggi giuste dello Stato. Al tempo stesso, è necessario affermare il primato di Dio nella vita umana e nella storia, rispettando il diritto di Dio su ciò che gli appartiene» (papa Francesco, Angelus del 18 ottobre 2020).


28 luglio 2022

 
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