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venerdì 18 luglio 2025
 

Domenica 4 agosto 2024 - XI dopo Pentecoste

Nella lettura evangelica della undicesima domenica dopo la Pentecoste tratta da Matteo, ascoltiamo Gesù raccontare ai suoi avversari una parabola costruita attorno all’immagine di una vigna e il suo padrone.

La storia ha come riferimento biblico stretto il «canto della vigna» di Isaia 5, che tanto i diretti destinatari del discorso quanto i primi lettori di Matteo avevano certamente molto ben presente. Gli uni e gli altri potevano così immediatamente identificare Dio con il padrone della vigna e i fittavoli con il popolo di Israele. Meno facile poteva essere l’attribuzione dell’immagine della vigna, che in Isaia 5,7 rappresenta «la casa di Israele» che non ha prodotto i frutti attesi, mentre nella parabola ha un ruolo diverso.

I primi versetti del brano raccontano in modo dettagliato tutto il lavoro che il padrone dedica alla preparazione della vigna. L’impressione che se ne ricava è che tutto ciò che occorre perché i frutti arrivino venga fatto alla perfezione. La partenza del padrone lascia spazio poi ai mezzadri che, sempre rispetto a Isaia 5, costituiscono una novità: Gesù sta dunque raccontando una storia nuova della vecchia vigna.

Giunto il tempo della vendemmia, il padrone manda i servi a riscuotere l’affitto dovuto. Il trattamento riservato a questi ultimi doveva essere collegato immediatamente, da chi conosceva la tradizione biblica, con quello riservato da Israele ai profeti. Non bastasse un episodio, la scena si ripete rinforzando il concetto: Israele ha sempre trattato così i suoi profeti.

Il momento culminante è l’invio del figlio. Tale decisione non risponde ad alcuna logica di buon senso né a valutazioni giuridiche sul potere del figlio. La considerazione è sul piano morale: avranno rispetto di lui. Il padrone si dimostra incredibilmente magnanimo nel dare un’altra possibilità ai mezzadri.

Il complotto di questi ultimi ricorda quello dei figli di Giacobbe contro il loro fratello Giuseppe. Razionalmente il progetto è irrealistico e senza alcuna possibilità di successo. Il fallimento è dato per presupposto tanto che Gesù lo fa confermare ai suoi ascoltatori.

L’esito della congiura, per chi già conosce l’intera vicenda di Gesù, scopre definitivamente le carte dei vari protagonisti. Nel figlio che viene portato fuori dalla vigna e ucciso è palese l’immagine della crocifissione avvenuta fuori città. E così viene definito anche il simbolo della vigna che, a questo punto, coincide con la città di Gerusalemme. Con una domanda rivolta agli ascoltatori, Gesù fa infine esprimere direttamente ai suoi avversari un giudizio su loro stessi. La sentenza, durissima, viene confermata e con la citazione del Salmo 117 è dichiarata la vittoria di colui che è stato scartato e ucciso. Alla fine è posto in cima alla costruzione, nel punto più visibile.

La dichiarazione finale di Gesù che chiude l’episodio è drastica e drammatica: ai capi di Israele è tolto il diritto ereditario al Regno che era stato loro dato. Le loro azioni sono malvagie e il Regno non appartiene a malvagi e violenti.


01 agosto 2024

 
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