L'ingresso del Messia
Quale nube di fumo avranno visto gli abitanti di Gerusalemme, mentre Gesù entrava nella Città santa? La gloria del Signore di cui parla Isaia nella lettura di questa domenica si sarà forse mostrata come un «fuoco fiammeggiante durante la notte», tanto da illuminare Sion?
Isaia, il più grande profeta, il profeta dell’Avvento, tratteggiava in questo modo la rinascita di Israele dopo l’esilio a Babilonia: anzitutto una purificazione della terra da tutte le brutture, poi la presenza visibile di Dio, nella nube e nel fuoco (come quelle che accompagnavano le tribù di Israele all’uscita dall’Egitto), e finalmente la crescita di un “germoglio”, segno di ripresa dell’agricoltura e di rinascita, ma anche segno che si presterà poi a una rilettura messianica.
Se però leggiamo il più antico resoconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, composto da Marco (di questa domenica è invece la versione lucana), l’impressione è un’altra: «Il carattere messianico dell’episodio non è così evidente, le acclamazioni della folla non hanno un carattere esplicitamente messianico, e ci si potrebbe addirittura chiedere se il nucleo storico del racconto non sia il semplice ingresso di Gesù in Gerusalemme con una schiera di pellegrini pieni di gioia e di speranza» (Giorgio Jossa, La verità dei Vangeli).
Non ci scandalizza che possa essere andata così. Certo, alcuni elementi del racconto, come il puledro cercato e trovato per Gesù – che richiama la tradizione rabbinica dell’asino di Abramo, in attesa del Messia sul monte degli Ulivi – esprimono l’intenzione che Gesù aveva di accreditarsi come il Cristo di Israele. Ma la pretesa messianica di quel rabbi di Nazaret sembra essere sottotraccia, umile, comprensibile solo per quelli che hanno davvero un orecchio attento.
È accaduta in questo modo, infatti, la prima venuta del Signore, e allo stesso identico modo agisce il Signore nella sua seconda venuta, cioè in quella nella nostra vita. Invece, l’Avvento ci ricorda che la nostra attesa non si consuma solo per prepararci a celebrare, a Natale, la memoria della nascita di Gesù: l’attesa più grande, piuttosto, riguarda la sua terza venuta, che avverrà, finalmente, nella gloria.
Quanto stiamo cercando di spiegare si trova detto molto meglio nel Discorso Quinto sull’Avvento di san Bernardo, abate: «Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca infatti tra le altre due che sono manifeste. Nella prima il Verbo fu visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Luca 3,6) e vedranno colui che trafissero (Giovanni 19,37). Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate. Nella prima venuta egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria».
Celebrando la sua prima venuta, lasciamo entrare il Cristo nelle nostre vite, perché possa tornare presto nella gloria.