In questa domenica il Vangelo ci presenta il ritorno di Gesù a Cana, dove avevano avuto inizio i suoi segni straordinari, alla festa di nozze che vi era stata in questa città. In questo caso il segno che il Signore compirà è ancora più straordinario: la guarigione del figlio di un funzionario del re. Il primo aspetto su cui puntare l’attenzione è che l’uomo che chiede aiuto al Signore non appartiene al popolo eletto, si parla di un funzionario del re; nonostante la sua origine, il funzionario riconosce la capacità di Gesù di cambiare la sua situazione, di poter attuare la salvezza da lui desiderata. La risposta del Signore sembra essere fredda e dal tono di un rimprovero: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Eppure, il padre in agonia per il proprio figlio, si atteggia in maniera opposta, di fronte alle parole di Gesù «Va’, tuo figlio vive» crede in Lui prima di aver visto alcun segno. Lui non sa se davvero il figlio sia guarito, ma in forza della sua fede nel Signore, ritorna verso casa.
È proprio grazie a questa fede che si compie il miracolo della guarigione, fede che poi si rafforza e coinvolge l’intera famiglia del funzionario.
Fermiamoci a riflettere sulla nostra fede, sulla necessità di vedere e fare esperienza di segni compiuti da Dio, sulle volte in cui la nostra preghiera diventa una lista di grazie desiderate, che non lascia più spazio alla lode nei confronti di Dio e alla sua libertà di operare nella nostra esistenza. È profondamente umano il bisogno di segni, ma non possiamo ridurli alle nostre aspettative, quasi convincendoci che o Dio si manifesta in questa maniera oppure non ci ascolta o, peggio ancora, ci ha abbandonati.
Parlare dei segni della presenza di Dio vuol dire aprire il nostro sguardo, per essere capaci di riconoscerli. Occhi e cuore colmati di fede riescono a scorgere le tracce dell’opera divina con la dovuta attenzione, senza pretendere di costringerla entro i nostri schemi. Possiamo dire così: è la fede che permette di riconoscere i segni e non devono essere i segni a motivare la fede. La fede spalanca le porte all’inatteso, allo straordinario che solo Dio, nella sua libertà, può operare.
San Paolo nella Lettera ai Romani ci permette di comprendere la bellezza dell’operare di Dio: un Padre misericordioso che non guarda ai propri figli attraverso la lente della Legge, ma apprezza chi si lascia guidare dalla fede in Lui. È la fede che ci rende suoi eredi, figli nel Figlio. Questo spalanca infinite possibilità di salvezza, perché il Signore va oltre ciò che la Legge dice di noi, va oltre i frutti delle nostre opere e ci dona la sovrabbondanza della grazia. Quando cadiamo nella tentazione di trasformare il Vangelo in una legge, ci facciamo promotori di separazione e d’ira, ci illudiamo di testimoniare la fede ma siamo lontani anni luce dall’insegnamento di Gesù.
L’unica legge che promuove il Vangelo è la legge dell’amore, che ci rafforza nel nostro legame con Dio, ci sostiene nel rispetto della nostra persona e ci spinge vero il prossimo, chiunque esso sia, con l’abbraccio dell’accoglienza e del rispetto.