Il Risorto appare ai discepoli chiusi nel Cenacolo ma Tommaso non c’è. Non ne sappiamo il motivo ma l’impressione che suscita è quella di chi vuole mettersi alle spalle una vicenda considerata conclusa. La reazione ai discorsi degli altri discepoli è scomposta. Sono parole che sembrano frutto dell’esasperazione e della frustrazione. Alle affermazioni dei fratelli non vuole dare alcuna possibilità: la vicenda di Tommaso come discepolo sembra al suo epilogo e la sua fede pare rimasta crocifissa sul Calvario. Negli episodi precedenti che lo riguardano, Tommaso si distingue per la sua scarsa comprensione di Gesù e della sua missione (si veda Giovanni 11,16; 14,15). Inoltre è qui definito come «uno dei Dodici», espressione che il quarto evangelista usa in momenti di crisi e che, dunque, non lo caratterizza positivamente.
Di fatto, però, Tommaso viene inizialmente privato dell’esperienza pasquale dell’incontro con il Risorto. La mancanza di tale incontro lo porta a nutrire un dubbio che ha tre importati caratteristiche. Anzitutto, si tratta di un rifiuto della testimonianza degli altri discepoli. Tommaso non vuole affidarsi all’esperienza altrui per credere, ma vuole passare da un incontro diretto e di carattere personale con il Risorto. È una posizione dal forte impatto ecclesiale perché mette in discussione proprio la predicazione pasquale.
In seconda battuta, Tommaso pretende una verifica empirica delle parole ascoltate. Ci vuole un dato oggettivo che confermi la testimonianza, che sia il più verificabile e il più chiaro possibile. Non si fida della sola parola.
Infine, il suo dubbio viene espressamente giudicato come incredulità. Con la sua pretesa di verifica sembra volere piegare il divino ai propri criteri di giudizio, impedendo al Signore di manifestarsi con libertà. Di fronte alla resistenza del discepolo, il Risorto si presenta nuovamente, prendendo in mano la situazione e interpellando Tommaso. Di fronte a quelle parole, all’incredulo non resta altro che decidersi. Il Risorto lo ha preso alla lettera e lo ha messo nelle condizioni di avere proprio quel che chiedeva, ma lo ha anche provocato con un invito forte e chiaro – «Smetti di essere incredulo…» – che rivela come l’intenzione profonda di Cristo sia suscitare la fede e non semplicemente rimproverare.
La parola del Maestro mette certamente il discepolo di fronte al proprio scetticismo, ma allo stesso tempo, gli offre la possibilità di rinascere nella fede, cosa che alla fine avviene. La professione di fede conclusiva è piena e compiuta, tanto più che sembra avvenire senza il bisogno di alcun tocco materiale delle ferite da parte di Tommaso. Egli vede quel che gli altri hanno visto e, sulla base di questo, crede. La beatitudine finale è decisiva per comprendere come, secondo Giovanni, l’autentica fede pasquale non dipenda da apparizioni o miracoli. Chi ha visto Cristo ha visto il Padre, perciò la costante memoria di Gesù guidata dallo Spirito è, per ogni credente, il luogo fondamentale di incontro con il suo Signore.