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martedì 15 ottobre 2024
 

Domenica 8 maggio 2022 - IV domenica di Pasqua

Il volto del Risorto in questa domenica dopo Pasqua si mostra a noi attraverso una relazione, quella di un figlio con il padre.
Il Vangelo è tratto dal lungo discorso d’addio di Gesù, nella versione dell’ultima Cena che ci è restituita da Giovanni. Potrebbe risultare complicato, in questo tempo di gioia per la risurrezione, dover tornare a parole che hanno il sapore di un testamento da parte di chi sta lasciando questo mondo; in realtà, però, alla luce della Pasqua le frasi pronunciate dal Signore acquistano un significato ancora più chiaro.
Gesù dice, anzitutto, di essere stato amato di un grande amore da parte del Padre. Sappiamo come la crisi della paternità, a causa dell’assenza di una figura paterna, sia una delle caratteristiche del nostro tempo. Qui Gesù invece parla di un padre che è presente e che ama, e che vuole bene a un figlio anche attraverso i suoi “comandamenti”, le norme, le regole, che tanto sono importanti perché ogni bambino possa crescere con il senso del limite. I “no” – quando sono dettati dall’amore – servono ai bambini, e provocano dei cambiamenti positivi nello sviluppo infantile (come in quello dell’adolescente). Purtroppo, i genitori oggi trovano molto difficile educare anche con il rifiuto, perché pensano che altrimenti non sarebbero più amati dai loro figli.
Il comandamento che Gesù ha ricevuto dal Padre e che egli consegna ai suoi discepoli è quello dell’amore. Scopriamo così che la Legge (coi suoi precetti) viene intesa nell’ebraismo come un dono liberante, dato a Israele perché il popolo, uscito dall’Egitto, sia libero davvero. Non a caso, il compimento della liberazione dalla schiavitù si avrà non tanto col passaggio del Mar Rosso, ma con il dono della Legge, a Pentecoste, dopo le sette settimane dall’uscita dalla schiavitù: la libertà non può essere solo “da” qualcosa, ma ha senso solo anche se è “per” qualcosa (cioè per mettere in pratica la Legge di Dio).
La Pasqua di Gesù mostra che il Figlio ha davvero imparato i comandamenti dati dal Padre, che si condensano e riassumono nel «comandamento più grande»: amare Dio e amare il prossimo (cf. per esempio Marco 12,28-34). Gesù, infatti, per primo ha osservato il comandamento dell’amore dando la vita per i suoi amici, accettando cioè consapevolmente, pur essendo innocente, di morire in croce per annunciare il regno di Dio e la regalità del Padre.
Quanta differenza tra le parole di Gesù e l’interpretazione sbagliata che ne ha dato Vladimir Putin lo scorso marzo. Invadendo un paese democratico, ha citato in un discorso la frase di Gesù sull’amore più grande, quello di chi dà la vita per gli amici, giustificando una guerra e incoraggiando i propri soldati (coloro cioè che “darebbero la vita” per amore) a togliere la vita ad altri. Nulla di più distante dal Vangelo: il Signore parlava di quell’amore che non offende nessuno, e che dà la propria vita per il bene dell’altro. Allo stesso modo, i discepoli non possono pensare di amare veramente se non seguendo l’esempio di chi per primo ci ha amati sino alla fine.


05 maggio 2022

 
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