La domanda sul perché Gesù si sia fatto battezzare da Giovanni non trova una risposta nei Vangeli. Quelli sinottici (Matteo, Marco e Luca), infatti, si limitano a registrare – con alcune differenze – l’evento, mentre il Quarto vangelo non parla del battesimo del Signore. Sarà pertanto la riflessione teologica a tentare delle spiegazioni.
Solo una cosa è certa: il fatto che Gesù sia stato battezzato è talmente imbarazzante che è certamente accaduto. Stiamo alludendo a uno dei modi principali con i quali si può verificare se un evento della vita di Gesù sia storico, ovvero il “criterio di imbarazzo”: la sua applicazione è semplice, perché parte dal presupposto che se un evento non avesse avuto luogo, non sarebbe mai stato creato dalla comunità cristiana. È il caso del battesimo: per quale ragione Gesù, considerato senza peccato e superiore al Battista, si sarebbe fatto battezzare da colui che predicava un battesimo «per la remissione dei peccati», come scrive il Vangelo più antico (Marco 1,4)? È questo imbarazzo il motivo, tra l’altro, per cui Luca liquida la scena in due parole («ricevuto il battesimo»), diversamente dalla descrizione solenne di Marco.
Queste riflessioni non hanno a che fare solo con qualcosa accaduto migliaia di anni fa, ma anche con la nostra esperienza. Noi battezzati, infatti, siamo chiamati a ripensare le ragioni di un battesimo ricevuto da bambini, non “contro”, ma certamente “senza” la nostra volontà. Proprio in questi tempi, quando non è più scontato essere cristiani, serve ritrovare le ragioni per cui i nostri genitori hanno deciso di trasmetterci la fede con quel sacramento che ci ha segnati per sempre.
Torniamo alla pagina del Vangelo. La versione di Luca conserva alcune caratteristiche proprie a riguardo del battesimo di Gesù. La prima riguarda il dettaglio di «tutto il popolo» che veniva battezzato: il Signore si sottopone al gesto compiuto da Giovanni non da solo, ma solidale con tutta la sua gente. Potremmo dire, a questo punto, che essere battezzati significa non solo essere figli di coloro che hanno generato una vita destinata a terminare, ma anche parte di una Chiesa che è nostra madre e che genera a una vita che non finisce.
La seconda caratteristica riguarda la preghiera di Gesù: mentre l’immersione è compiuta, Gesù continua a pregare («stava in preghiera»). Ogni preghiera, allora, “apre il cielo”, diventa lo spazio e il tempo di un incontro e di una rivelazione. A Gesù viene svelato il nome di “Figlio”, amato da Dio. Non si tratta però di una “adozione”: è la rivelazione di un segreto, ma non di una verità astratta; è «la confessione di una relazione personale secondo la metafora di una delle relazioni umane più profonde, quella del padre col figlio» (F. Bovon).
Come Gesù ha udito la voce del Padre suo, il Battesimo svela anche a noi ciò che più abbiamo bisogno di sentirci dire, e cioè che “siamo amati” da un Padre. Se la frase «Tu sei il figlio mio, l’amato», ha un significato speciale per il Cristo, vale certamente anche per noi.