Gesù a Gerusalemme per donare sé stesso
Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Marco 11,8-9
Celebriamo la Domenica delle Palme o di Passione, mentre si compie il plenilunio di marzo, che ricorre quest’anno nella prima mattina del giorno 25, Lunedì Santo. Si individua così la data della Pasqua secondo il rito cattolico, che cade nella domenica successiva alla prima luna piena di primavera, nel rispetto dei simbolismi della celebrazione della Pasqua ebraica, legata ai ritmi dell’anno solare e all’equinozio che segna l’avvio della stagione delle primizie e dei frutti.
Il memoriale del passaggio di Israele dalla schiavitù a una nuova libertà, quella dei figli, chiamati a camminare incontro a un Padre buono e a una Casa Santa attraverso il deserto, nel silenzio, nell’intimità e pur tra le prove, è presentato nella I lettura (Esodo 12) della Messa “In Coena Domini”, istituzione dell’Eucaristia, dono di Colui che, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Giovanni 13,1). Inaugurate dalla Messa del Crisma, che è presieduta in ogni diocesi dal vescovo e celebrata in unione con lui, nelle chiese Cattedrali, dal clero diocesano, chiamato a rinnovare le promesse sacerdotali alla presenza del popolo di Dio, segno dell’unità della Chiesa radunata per l’unico Mistero che dà salvezza, le liturgie del Giovedì Santo, che avviano il Sacro Triduo in modo solenne, con il colore bianco dei paramenti e la proclamazione del Gloria, omesso di norma in Tempo di Quaresima, ci introdurranno nell’unica grande celebrazione che, senza chiudersi con la benedizione finale e senza riaprirsi, nei giorni del Triduo, con il segno di croce iniziale, culminerà, la notte del Sabato Santo, con l’Alleluia nuovo della Pasqua, che annuncia il Vangelo dopo la ricca liturgia della Veglia.
Attraverseremo dunque l’unico Mistero dell’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione del Signore in un’unica grande Messa, che riannoda i fili del tempo e “riconcilia l’uomo al Suo Dio”, certi della salvezza potente offertaci dal Cristo-Messia: è Lui il vero Re, figlio di Davide, che entra glorioso in Gerusalemme sul puledro, cavalcatura dei sovrani di Israele e di Giuda (Marco 11,1-10); è Lui che, «assumendo la condizione di servo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce» (II lettura, Filippesi 2), secondo le profezie del Salmo 21 (Responsorio) e di Isaia (Canti del servo del Signore, I lettura). Il racconto, secondo Marco (11-16,2), scandisce le ore, i dì, le notti a Betania e al Monte degli Ulivi, le discussioni con i notabili, le profezie, la solitudine dell’uomo-Dio abbandonato dai suoi, ai quali ha dato tutto, persino da Pietro.
La Passione si apre con una donna che onora Gesù a Betania (Marco 14,2-9) e si chiude con due donne, «Maria di Magdala e Maria madre di Ioses, che osservano dove viene posto» (15,47). C’è uno sguardo d’amore che accompagna Gesù anche nei giorni del dolore, ed è, dall’inizio alla fine, quello delle donne: in mezzo, al momento della cattura, quando «fuggirono tutti», c’è, solo in Marco, lo sguardo coraggioso e pieno di affetto di «un giovinetto che lo segue avendo addosso un panno di lino (sindón) sul corpo nudo» (Marco 14,51-52), forse figura autobiografica dell’evangelista, forse evocazione biblica o profezia del compimento della Pasqua del Cristo. Ci dia il Signore di meditare queste ore e seguirlo fino alla Croce, custodendo il nostro sguardo, puro come quello dei bambini, amante come quello della Sposa, sempre fisso su di Lui, unica salvezza. Buona Settimana Santa!