Ed Miliband (Reuters).
Con 274 "sì", il Parlamento inglese ha approvato (servivano 262 voti a favore) una raccomandazione bipartisan affinché il Governo riconosca "lo Stato palestinese accanto a quello di Israele". Nulla di immediatamente operativo ma un gesto ugualmente clamoroso: la mozione è stata presentata dal un deputato laburista, cioè del partito guidato e diretto da Ed Miliband, figlio di una coppia di ebrei scampati ai campi di concentramento nazisti.
Al Governo di Israele la cosa non è piaciuta, ovvio. E' indubbio, però, che in proposito la sensibilità mondiale stia cambiando. Due anni fa, l'Assemblea generale dell'Onu aveva promosso la Palestina al rango di "Stato osservatore non membro" (la stessa posizione del Vaticano, per dire) con il parere favorevole di 138 Stati. In questi casi di solito si sottolinea che il "sì" è stato votato anche da Paesi inaffidabili, o che contano poco, o che sono dichiaratamente ostili a Israele. Forse. Però il "no" ebbe solo 9 voti: alcuni di questi scontati (quello di Israele ma anche quello di Panama, di fatto un "protettorato" americano), alcuni importanti (Usa, Canada, Repubblica Ceca), altri un po' buffi (Isole Marshall, Micronesia, Naru e Palau).
Pochi giorni fa, infine, è arrivato dalla Svezia l'annuncio del neo-premier Stefan Lovfen, che si è impegnato a riconoscere la Palestina come Stato, facendo ovviamente infuriare Israele. In quell'occasione, i portavoce del ministero degli Esteri israeliano aveva dichiarato che il premier svedese non aveva capito "che chi ha costituito negli ultimi venti anni un ostacolo tra gli israeliani e i palestinesi sono proprio questi ultimi". Tra le decisioni simboliche e gli atti politici la distanza è molta. Però il punto è proprio lì: che la pace non ci sia solo per colpa dei palestinesi è una tesi a cui non crede più nessuno, o quasi. Soprattutto quando tutti, ufficialmente, ancora dicono di voler arrivare alla soluzione dei "due Stati per due popoli".